Che vita sarebbe senza WhatsApp? Per i maschietti difficile, più che per le ragazze. La tentazione compulsiva di controllare le chat è forte, durante l’arco della giornata, e se si è privi di dispositivi per farlo si soffre. Non sappiamo se sia stata l’impossibilità di controllare il cellulare ad aver scatenato le ire dello studente trevisano, che ha deciso di denunciare la scuola per il sequestro, o altro. Capita quotidianamente che i telefoni vengano sottratti agli studenti, ma la gestione dell’episodio rimane singolare. “Il cellulare del ragazzo non è stato subito restituito al termine dell’ora di lezione, o alla fine della giornata di scuola, ma è stato trattenuto in cassaforte con l’idea di restituirlo ai genitori. Questi, fuori città per le vacanze, hanno provato a contattarlo per sapere come stava, e, non ricevendo risposta, si sono preoccupati”, ha detto Paolo Russo, avvocato, durante la trasmissione #genitorisidiventa.

“Dobbiamo sapere che c’è il ministero che prevede con due apposite circolari quelle che sono delle vere e proprie linee guida per l’utilizzo del cellulare nelle scuole. Abbiamo un codice di procedura penale che prevede un altro tipo di situazione. La circolare ministeriale n. 30/ 2007 dell’allora ministro Fioroni diceva espressamente che l’uso del cellulare rappresenta un elemento di distrazione, e una grave mancanza di rispetto per il docente. L’uso del cellulare è previsto dai dirigenti, se con finalità educative”, ha aggiunto l’avv. Russo specificando un altro aspetto viene spesso omesso nel raccontare situazioni come queste. “La scuola dev’essere vista come un luogo di crescita civile e culturale, si tratta di cominciare a dare un uso consapevole del cellulare a questi ragazzi. C’è stato eccesso da entrambe le parti. Certamente bisognava dare al ragazzo un segnale, e punirlo, anche col sequestro provvisorio, ma se il telefono fosse stato restituito a fine giornata scolastica, la reazione sarebbe stata meno grave da parte del giovane”, ha sottolineato subito dopo.

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