A causa dell’assenza di fondi le problematiche scolastiche continuano ad aumentare anno dopo anno nelle scuole di Roma. Studenti al freddo nei vari istituti della Capitale hanno dato vita nelle ultime settimane a numerose proteste che a quanto pare sono rimaste inascoltate.
“Faceva talmente freddo nelle aule che stavamo con giubbotti e coperte”, racconta Chiara, studentessa del quarto anno del Liceo Linguistico Seneca di Roma. Che le problematiche scolastiche fossero già tante lo sapevamo ma a causa del freddo che ha colpito l’Italia centrale sono tanti gli studenti romani che lamentano le condizioni in cui sono costretti a convivere.
Studenti al freddo nelle scuole di Roma: “Non è tanto la bassa temperatura la questione”, aggiunge Diana, studentessa di diciotto anni del Seneca di Roma. “Il fatto -prosegue- è che questo problema va avanti dal 2011, solo che negli ultimi giorni ne abbiamo risentito di più. I termosifoni nella nostra scuola non funzionano bene da diversi anni”.
Nicolò, Diego, Alessandro e Alessio, quattro studenti del Seneca, liceo di Roma, aggiungono: “Lo scorso 12 gennaio ci siamo recati sotto la sede della provincia insieme ad altri alunni della nostra scuola per chiedere di incontrare un responsabile e raccontargli della situazione in cui ci troviamo. Ci hanno rassicurato promettendoci che al più presto avrebbero dato vita ad un intervento, ma a distanza di più di dieci giorni ancora non abbiamo notizie”.
Insomma, una delle problematiche scolastiche più sentite del momento riguarda gli studenti al gelo nelle scuole di Roma. Non solo gli studenti però: l’emergenza freddo è avvertita anche da professori e personale scolastico. E’ ancora Diana a rivelare: “I professori ci invitano a protestare, però loro non fanno nulla”. Sara, un’altra liceale, è ancora più arrabbiata di Diana: “Almeno loro possono accendersi le stufette. Se lo facciamo noi ci dicono che salta la corrente”.
“Mia madre è avvelenata”, dice Martina, 17 anni. “Le ho mandato la foto delle mie unghie viola e lei è venuta di corsa a prendermi. Ha detto che le condizioni in cui siamo costretti a studiare sono disumane”.