Antonio Di Pietro può piacere o no ma non è mai banale nelle sue esternazioni. Non ha fatto eccezione il suo intervento alla trasmissione “Legge o Gisutizia” di Matteo Torrioli dove ha parlato della politica in Italia in generale e poi, più nello specifico, di Di Maio. Ecco i passaggi chiave su Radio Cusano Campus.
Uno come Antonio Di Pietro non può che essere d’accordo con l’organo anticorruzione del Consiglio d’Europa secondo il quale in Italia occorrerebbe introdurre leggi che pongano limiti più stringenti per la partecipazione dei magistrati alla politica e mettere così fine alla possibilità per i giudici di mantenere il loro incarico se vengono eletti o nominati per posizioni negli enti locali. Non suona strano in bocca a lui e il perché lo spiega direttamente il politico ai microfoni di Radio Cusano Campus:
“Condivido e vorrei ricordare ciò che riguarda la mia persona. Io facevo il magistrato. Mi sono dimesso dalla magistratura nel dicembre 1994, e ho cominciato a fare politica nel novembre del 1996. Ritengo che il diritto fondamentale di esercitare i propri diritti politici e quindi anche quello di essere eletto, deve essere affermato nei confronti di tutti, anche di chi fa il Giudice. Una cosa, però, è certa. L’arbitro può fare il giocatore ma non può tornare a fare l’arbitro. Se si viene eletti, quindi, bisogna subito decadere dal ruolo istituzionale di magistrato, perché si è scelta un’altra strada. Io ho applicato questa regola con me stessa e sono stato anche molto restrittivo. Prima di scegliere il percorso politico ho atteso due anni”.
Sul fatto che si sia pentito o no: “Dovessi tornare indietro rifarei quel che ho fatto. Non mi dimisi perché mi piaceva fare politica. Solo dopo due anni e dopo aver risolto alcuni problemi di carattere giudiziario, ho cominciato a fare politica. Mi dimisi per un motivo chiaro. Nei miei confronti erano stati costruiti dossier così infamanti che la mattina doveva fare il magistrato ed il pomeriggio l’imputato. Mettevo in grave crisi di credibilità l’inchiesta su mani pulite. Col senso di responsabilità, e con la morte nel cuore, ho lasciato la magistratura”.
Di Pietro non vorrebbe vedere eccezioni, neanche nei piccoli Comuni: “Chi può dire che anche in un piccolo Comune non arrivi un Vallanzasca? Ci sono magistrati che siedono in Parlamento da tre o quattro legislature. Magari hanno anche cambiato partito più volte e poi pretendono di tornare a fare i magistrati: la credibilità va a farsi friggere. Sono magistrati in pectore perché non si sono dimessi dal loro ruolo”.
Sul terremoto: “Ho simpatia per il Movimento 5 Stelle ma quello che ho sentito da Di Maio non mi è piaciuto assolutamente. Ci sono centinaia di persone che danno l’anima per aiutare le persone in difficoltà. Fare certi commenti vuol dire fare sciacallaggio”.