Nella discussione accesissima sul Decreto Ammazza Telematiche non poteva mancare l’opinione di un docente e non uno qualsiasi. Si tratta, infatti, dell Prof. Stefano Pivato, docente all’Università di Urbino, autore del libro “Al limite della docenza”, che è intervenuto ai microfoni dello “Speciale Università”, condotto da Gianluca Fabi, Livia Ventimiglia e Alessio Moriggi. Ecco cos’ha detto in diretta su Radio Cusano Campus.

Il Prof. Stefano Pivato ha scritto un libro molto amato ed odiato allo stesso tempo dal titolo “Al limite della docenza” che ha puntato in tempi non sospetti il dito sul baronato in Italia. Personaggio chiave, quindi, per avere un’opinione in più sul Decreto Ammazza Telematiche l’ex Ministra Stefania Giannini ha firmato all’ultimo momento del suo mandato. Ecco cos’ha detto a Radio Cusano Campus:

Sulla situazione dell’università in Italia: “Il mio libro è ironico, parte da una convinzione: i panni sporchi si lavano in piazza, non in casa. Ho parlato della situazione dell’Università italiana. Io inizio il libro citando una novella di Pirandello, che racconta di un professore della Sapienza crede di tenere la sua lezione di due ore davanti una platea di studenti, ma alla fine si accorge che nessuno l’ascolta. Questa è la situazione dell’Università italiana, che spesso parla ad una platea  che non sente, perché non si fa capire. Lo studente ventenne è profondamente cambiato nell’ultimo ventennio, il professore invece non è cambiato per niente, continua a vivere nella sua torre d’avorio. E’ una categoria estremamente privilegiata, credo sia l’unica che non timbra il cartellino, vige l’autocertificazione. 350 ore annue sono pochissime, anche perchè comprendono tutte le attività, non solo le lezioni per cui impiegano massimo 120 ore l’anno. Questo significa che il docente impiega in altro modo il suo tempo, magari per fare consulenze. Per molti l’università è solo un biglietto da visita per arricchire il proprio prestigio personale. Il docente universitario non accetta di fare un corso di aggiornamento”.

Sui concorsi: “La classe docente in Italia si è formata con concorsi spesso clientelari. Così l’Università si è cristallizzata, ha guardato più ai docenti che agli studenti, non è più in grado di affrontare il sapere che cambia continuamente. Il sistema del reclutamento deve adeguarsi ai cambiamenti del sapere. Sapere non vuol dire sapere insegnare”.

Riguardo il decreto ammazza telematiche: “Se aumenti il numero di docenti non è che migliori un’università. L’università migliora se ci metti dentro docenti buoni. Il numero di docenti va calibrato in base a quello degli studenti”.

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