La professoressa Nicoletta Vegni, Docente di Psicologia Clinica all’Università Niccolò Cusano, è intervenuta ai microfoni di Radio Cusano Campus per commentare la notizia del ragazzino di Padova che, “troppo effeminato”, è stato allontanato dalla madre dal Tribunale dei Minori. Ecco cos’ha detto la docente su questo tema.
Minore allontanato dalla madre perché troppo effeminato? La questione, come spesso accade, è più complessa di come l’hanno riportata i media. Lo spiega a Radio Cusano Campus, ospite di “Legge o Giustizia” di Matteo Torrioli, Nicoletta Vegni Docente di Psicologia Clinica all’Università Niccolò Cusano. Ecco cos’ha detto in diretta:
“Da un punto di vista giornalistico la scelta del titolo “Il ragazzino è troppo effeminato, il giudice lo toglie alla madre” ha avuto la sua efficacia. Ritengo che in questo momento storico bisogna fare particolare attenzione a certi temi. Mi permetto di dire che il titolo era fuorviante rispetto pi al contenuto stesso della notizia. Si scopre, infatti, che questo ragazzino ha vissuto una storia di profonda sofferenza. Regolare la questione come se il problema fosse che questo ragazzo ha dei problemi perché effeminato è riduttivo, anche offensivo da un certo punto di vista, specialmente nei confronti di quelle persone che vivono con sofferenza fasi delicate della vita come quella dell’infanzia”.
Sul fatto questo ragazzino andasse a scuola con le unghie smaltate ed il trucco sul viso: “Di ragazzini che fanno certe cose ce ne sono tanti. Se il trucco fosse stato di colore nero magari avrebbero semplicemente detto che il ragazzino è un “emo”. Quindi è una questione di colore? Aveva uno smalto rosa anziché un’altra gradazione che lo connota all’interno di un determinato gruppo sociale? Anche una ragazzina di nove anni, se truccata in maniera eccessiva, può essere considerata bizzarra . Però, se lo stesso atteggiamento si riscontra in una di sei anni si dice che è tutto normale perché sarebbe solo un gioco”.
Sul fatto che i servizi sociali vengano spessi dipinti come un pericolo per l’unità familiare: “Scrivere che i servizi sociali e gli operatori del settore, se entrano nella vita di una famiglia, lo fanno per togliere i figli ai genitori in maniera indiscriminata è molto rischioso. Da una parte stimoliamo la gente a denunciare o a rivolgersi agli specialisti. Poi questi specialisti vengono dipinti come figure che distruggono la vita delle persone”.
Sul fatto che il ragazzino sarebbe cresciuto circondato esclusivamente da figure femminili: “Dall’asilo nido, alla materna fino alle elementari sono rarissimi gli educatori ed insegnanti maschi. Pensare che un educatore maschia possa cambiare un pannolino al nido ci fa orrore. Tutti i bambini hanno praticamente relazioni solo con figure femminile. Però non ci si pone il problema se tutto ciò intacchi la loro identità sessuale”.
Sul ruolo di oggi della psicologia: “La psicologia è una disciplina giovane. Combattiamo contro una serie di miti e figure stereotipate che non ci fanno un buon servizio. Lo psicologo, specialmente quello dell’età evolutiva, viene vissuto poi come una minaccia dai genitori. Da un certo punto di vista è anche comprensibile. È più facile andare da un medico, farsi dare una tachipirina per il figlio e vedere la febbre abbassarsi. In questo caso ci sentiamo dei bravi genitori. Portare il proprio figlio dallo psicologo vuol dire, per alcuni, non essere dei bravi genitori”.