Ragazzi di vita. Sui gigolo di Valle Giulia si è detto e scritto molto. Sempre più stranieri e sempre meno italiani, uno di loro, romano, accetta di raccontarsi: dalle motivazioni che lo hanno spinto a fare questa professione ai guadagni che sembrano accecarlo, la storia di un venticinquenne convintosi che tutto, comunque, sia in vendita.
Si chiama Manuel, nome di fantasia. Pasolini lo definirebbe un ragazzo di vita. Si prostituisce a Roma, dal pomeriggio a notte inoltrata, in zona Valle Giulia, a due passi da Villa Borghese. Dice di avere 25 anni, anche se ne dimostra di meno. A Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio, conduttori di ECG su Radio Cusano Campus, l’emittente dell’Università degli Studi Niccolò Cusano, ha raccontato di come ha iniziato questo “mestiere”.
“Io vado con gli uomini, la maggior parte dei miei clienti sono anziani, sulla sessantina, anche se può capitare qualcuno più giovane. Credo che molti siano preti, per stare con me vengono da tutti i quartieri di Roma. Certo non è che sono contento di questo lavoro, ma guadagno bene. Mi posso permettere cose che con quello che facevo prima non potevo manco sognare”, esordisce Manuel.
Che tiene a precisare una cosa: “Io non sono omosessuale. Questo è lavoro. Sono attivo e passivo, ma non sono gay. Ho una fidanzata, sogno di metter su una famiglia con lei, non sono come i miei clienti, io presto il mio corpo e il mio tempo, sono diverso da loro. Il preservativo? In genere lo uso, ma dipende da quanto mi pagano. Posso anche fare sesso non protetto. La possibilità di prendere malattie? Di questo scusate,ma non mi va di parlare”.
Lo sguardo basso, gli occhi sempre fissi sul telefono, dal tono della voce Manuel sembra essersi pentito di aver accettato l’intervista: “Ma quanto dura?” chiede mentre si passa la mano tra i capelli e ostenta la sua “ricchezza”. “Lo vedete come sono vestito? Questo i-phone ultimo modello? In macchina ho uno zainetto da 1500 euro, mi piacciono le cose belle, perché solo quelli che sono nati ricchi devono potersi permettere il lusso? Anche io voglio godermi certe cose. La vita è ingiusta, per fortuna me ne sono accorto. Piaccio agli uomini, pagano bene per avermi un po’ di tempo con loro e allora eccomi. Tanto siamo tutti in vendita. Pure chi pensa di essere un santo è in vendita. Si vende tutti i giorni, magari vorrebbe mandare affanculo il suo capo ma non lo fa. E non è prostituzione anche quella?”.
Gli squilla il telefono. Liquida il suo interlocutore con poche parole. “Chi era? Uno che tra un po’ viene a trovarmi. Qui a Valla Giulia ormai sono quasi tutti stranieri, di italiani se ne trovano pochi. Ci siamo io e un altro ragazzo che però non lavora più tanto spesso, certi giorni viene, certi giorni no. Ho dei clienti abituali che con me vengono a botta sicura. Io prima facevo il barista, guadagnavo 800 euro al mese. Mo li guadagno con uno o due giorni 800 euro. I soldi muovono il mondo, che ci vuoi fare?”
Con i suoi clienti si apparta in macchina e non solo: “Andiamo in auto o a piedi, soprattutto quando fa notte, e adesso fa notte presto, qui è pieno di vicoletti dove non ti vede e non ti sente nessuno. Che poi nessuno ci vuole vedere e ci vuole sentire. Noi mica esistiamo. Esistiamo solo per quelli che vengono per scopare. Esistiamo solo per loro. Un quarto d’ora e poi pure loro fanno finta di niente”.
Prima di salutarlo gli chiediamo di che quartiere è: “Tiburtino”, risponde poco convinto. E gli citiamo Pasolini, che tante opere ha dedicato a quei ragazzi di vita come lui. “Pasolini? Quello frocio?” risponde allontanandosi.