“A dispetto della muscolarità scenica di Recep Tayyip Erdogan, si chiama Turchia il ventre molle del mondo. Nel Paese super militarizzato e autoritario del Sultano si può ammazzare con irrisoria facilità un ambasciatore russo. Da lì passano, assieme a ondate di profughi, i jihadisti o aspiranti tali di ritorno in Europa dopo le sconfitte in Medio Oriente”. E’ l’analisi di Gigi Riva, caporedattore de L’Espresso, intervenuto ai microfoni della trasmissione Il mondo è piccolo su Radio Cusano Campus.
“Suona beffardo lo slogan con cui, agli albori della sua ascesa, il presidente voleva caratterizzare la sua pretenziosa svolta neo-ottomana: zero problemi coi vicini. Ha finito per avere problemi coi vicini, coi lontani e con gli stessi concittadini. A causa dell’ambiguità ondivaga con cui ha disinvoltamente cambiato tattica e alleanze senza una visione strategica di lunga durata”.
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