Lara Lago, 32enne giornalista vicentina, è divenuta nel giro di pochi giorni la testimonial numero uno degli “italiani fuori dai piedi”. Con la sua lettera in risposta al Ministro Poletti, divenuta virale, Lara ha rappresentato tutti quei giovani connazionali che hanno scelto di affermarsi al di fuori dei confini italiani, giovani che sono passati dalla definizione di ‘cervelli in fuga’ a ‘meglio fuori dai piedi’. Lara è intervenuta ai microfoni di radio Cusano Campus dove ha spiegato le ragioni che l’hanno spinta a scrivere al ministro.
Lara, le parole che hai usato nella tua lettera hanno toccato i cuori di migliaia di italiani all’estero ma hanno scosso le coscienze anche di chi in Italia ci è rimasto. Cosa si prova a divenire “virali”?
“Tutta questa attenzione fa un bell’effetto, mi fa provare delle belle sensazioni anche se, sono sincera, mi hanno colpito maggiormente i commenti negativi. Non ce ne sono stati molti ma per una come me che era abituata a scrivere per 100 persone, non più di 3 volta la settimana, passare nel giro di poche ore ad avere più di 9000 followers mi ha disorientato”.
Ti ricordi il momento in cui hai appreso le dichiarazioni del ministro Poletti? Cosa hai provato? La lettera è stata scritta di getto o è frutto di una riflessione?
“Ho scritto assolutamente sull’onda dell’emozione, di getto, scrivo solo così, diciamo che mi faccio trascinare dal sacro fuoco della scrittura. Ti dico di più, mentre scrivo sudo e non smetto di farlo finché non finisco, per me lo scrivere è un’attività fisica. Quando capita di scrivere dopo una dichiarazione come quella di Poletti, che tocca un nervo scoperto, tutta la mia istintività prende il sopravvento. Ero sul divano della mia casa di Amsterdam e ho chiesto alla mia inquilina italiana se avesse sentito le parole del ministro. Lei mi ha detto che le aveva sentite e che non riusciva a stupirsi più di nulla. Per me è stato diverso, ho sentito dentro di me una vocina che diceva: ‘come ti permetti di parlare di una situazione che non conosci’. E ho cominciato a scrivere”.
Quando hai pensato per la prima volta che per inseguire i tuoi sogni saresti dovuta emigrare?
“Era il 2015, lavoravo part time a tempo indeterminato per una televisione locale. Ad un certo punto mi fanno il fatidico discorso: sei brava, sei creativa, ci piace come lavori ma… Quel ma equivaleva ad un licenziamento. In quel momento ho avuto la percezione che il mio futuro professionale sarebbe stato in lingua inglese e tutte le opportunità che trovavo in rete mi portavano in quella direzione. Da lì è cominciato il mio percorso, duro, doloroso, faticoso ma che rifarei altre mille volte”. Clicca di seguito per ascoltare l’intervista integrale