Il sistema universitario italiano si è attivato tendendo verso uno standard comune e più elevato della qualità della ricerca. Gli atenei che presentavano, mediamente, un livello della qualità della ricerca relativamente basso si sono adoperati per scalare posizioni e nei casi in cui l’obiettivo non è stato raggiunto si è comunque arrivati al risultato di ridurre lo svantaggio rispetto alle accademie meglio posizionate. Questa è l’indicazione, ancora generale, che emerge dai primi risultati della seconda Valutazione della Qualità della Ricerca (Vqr) realizzata dall’Anvur, che ha analizzato la produzione scientifica delle università italiane dal 2011 al 2014. Per ragionare e commentare i dati emersi Radio Cusano Campus ha contattato il prof. Gianfranco Viesti, professore ordinario di Economia Applicata nel Dipartimento di scienze Politiche dell’Università di Bari, curatore dell’ultimo rapporto stilato da Fondazione Res dal titolo “Università in declino”.
Prof. Viesti, cosa emerge da una prima analisi dei risultati pubblicati dall’Anvur? Qual è lo stato di salute della ricerca in Italia e continua a sussistere quella forbice di cui ci aveva già parlato tra università del Nord e quelle del Sud?
“Inizio col sottolineare che quello che andremo a commentare è solo un comunicato stampa lanciato dall’Anvur con le prime generiche evidenze che emergono dal rapporto e che portano all’attenzione il fatto che le università del Sud del nostro paese stanno recuperando terreno rispetto agli atenei del settentrione. La domanda che mi pongo è un’altra: se le differenze tra gli atenei italiani si assottigliano, perché produrne di nuove attraverso la creazione dei superdipartimenti così come sono stati inseriti nella legge di bilancio? In questo modo si spacca letteralmente in due il sistema universitario italiano, con 180 dipartimenti finanziati e foraggiati a scapito di oltre 600 cui spetteranno fondamentalmente le briciole”.
La nomina della neo Ministra Valeria Fedeli, unico cambiamento reale operato tra il governo Renzi e quello Gentiloni, rappresenterà l’inversione di tendenza che tutti aspettano dal mondo della scuola e da quello dell’università?
“Non ho la minima idea di quello che faranno al Miur, il dato reale è che all’università si può fare qualsiasi cosa e nessuno protesta. Le istituzioni accademiche sono silenti malgrado tagli, promesse disattese, contratti non rinnovati, turn over cristallizzati, nessuno dice nulla e nessuno se ne occupa. Quando ci si accorgerà che sta andando tutto allo sfascio sarà tardi per intervenire”.
Torniamo alla ricerca scientifica, al di là della ripartizione dei finanziamenti qual è il problema principale del fare ricerca in Italia?
“Il vero grande peccato è che non si fa più ricerca per indagare ambiti nuovi, scoprire cose nuove e acquisire nuove conoscenze, oggi si fa ricerca per guadagnare un punticino in più con una pubblicazione o con un articolo scientifico. Dire qualcosa di nuovo è divenuto assolutamente irrilevante”. Clicca di seguito per ascoltare l’intervista integrale:
https://www.tag24.it/podcast/prof-gianfranco-viesti-classifica-vqr/