Il caso di Chiara Poggi tiene ancora banco. Tristemente. nel suo evolversi arrivano nuove interessanti dichiarazioni da parte della famiglia della vittima. Marzio Capra, biologo, ex Ris, che lavora ai Laboratori di Genetica forense dell’Università degli Studi di Milanoe consulente della famiglia Poggi e di Massimo Bossetti, è, infatti, intervenuto ai microfoni di “Legge o Giustizia” del nostro Matteo Torrioli. Ecco cos’ha detto ai microfoni di Cusano Campus per commentare le ultime rivelazioni sul delitto di Garlasco.

Marzio Capra, consulente della famiglia Poggi, ha detto la sua sul recente evolversi del caso Garlasco. Ecco i passaggi più significativi della sua diretta su Radio Cusano Campus.

Sulla tempistica dell’offensiva mediatca: “Erano elementi conosciuti, mi aspettavo che in prossimità della scadenza dei termini per ulteriori ricorsi giudiziari ci sarebbe stata un’offensiva dal punto di vista mediatico. Non c’è nulla di nuovo rispetto ad evidenze processuali già emerse nel contradditorio. Fin dall’inizio i sospetti si sono concentrati nei confronti di Alberto Stasi. Lo stesso condannato ha avuto la possibilità di nominare consulenti che lo affiancassero durante gli accertamenti richiesti dall’autorità giudiziaria. Quando ci sono degli esperti che si confrontano non accade mai che abbiano lo stesso punto di vista sui risultati ottenuti dalle analisi. È nel contradditorio che si formula il convincimento dei giudici”.

Nello specifico del caso Stasi: “Abbiamo sempre richiesto, sin dall’inizio, di effettuare alcuni approfondimenti, anche per le tracce più piccole. Avevamo chiesto di analizzare anche una piccola struttura pilifera trovata nelle mani della ragazza. Il dna è una sorta di fotografia. A volte può essere chiara, altre volte sfuocata. Avevamo una foto altamente sfuocata di questo dna presente. L’avessimo analizzato all’inizio, tra il 2007 e il 2009 invece che nel 2014, forse avremmo avuto un quadro più chiaro. Il dna, però, non è stata la prova che ha portato Stasi alla condanna. Anzi, è stata l’assenza del dna di chiara Poggi sulla scarpe di stasi ad essere determinante: non era possibile camminare in una casa piena di sangue senza sporcarsi e senza riportare tracce di dna”.

Diverso il caso Bossetti: “Non è possibile che uno non veda le differenze. Da una parte abbiamo una persona sospettata come Stasi che sin dall’inizio ha potuto far partecipare i propri esperti alle indagini. Dall’altra c’è una persona presa anni dopo l’omicidio di Yara Gambirasio, con esperti nominati quindi successivamente ed ai quali è stato negato qualsiasi accesso anche ai reperti. Sono, nel processo Bossetti, un consulente con armi spuntate, non ho potuto vedere i reperti ma limitarmi ad agire su quelle carte che mi sono state date.  In ogni caso il dna, di per sé, non può essere la prova da sola della colpevolezza di un soggetto. Il dna, per sua stessa natura, è una molecola altamente trasferibile. La presenza del dna di una persona su una vittima non può far dire automaticamente che  quella persona l’abbia toccata. Il dna si può trasferire anche tramite terzi, proprio per le sue caratteristiche”.