Dopo la disfatta di Matteo Renzi era prevedibile che scoppiasse la bagarre. Le opinioni sulle ragioni della sconfitta al referendum e sulla situazione interna del PD sono molte e contrastanti. Oggi, in diretta su “Ho scelto Cusano” condotto da Livia Ventimiglia e Gianluca Fabi, è stato il turno di Goffredo Bettini, dirigente nazionale del Pd ed Europarlamentare. Questo il meglio della diretta su Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano.
Sulla situazione interna del PD: “La minoranza PD non ha capito che Renzi è il prodotto della crisi della sinistra e non viceversa. No al Referendum dovuto a incapacità del governo di parlare agli italiani in difficoltà. Gestione di Renzi del partito troppo solitaria, sul suo gruppo dirigente ho molto da obiettare”.
Sul referendum. “La vittoria del No è sintomo anche di un certo malumore che ha due radici: una di sfiducia nei confronti di ogni forma di rappresentanza politica, come se ci fosse una crisi della speranza. E’ anche il segnale di una solitudine dei cittadini che sentono la politica lontana da loro. In questo senso la riforma non era troppo innovativa rispetto al tema della crisi democratica. Poi c’è l’altra radice: un pezzo di Paese sta molto male, dentro un’Europa stagna che non dà più una prospettiva. L’Italia in Europa è il Paese che fatica di più, c’è una distanza tra ricchi e poveri maggiore rispetto agli altri Paesi. In questa parte dolente del Paese sicuramente non è arrivato il messaggio di questa esperienza di governo, che sicuramente ha fatto cose importanti ma non c’è stata empatia rispetto a chi soffre. Io non credo che il governo abbia fatto meno di altri governi rispetto ai poveri, anzi penso che il ministro Poletti abbia fatto interventi sulla povertà molto più efficaci rispetto ai governi del passato. Anche i Ds avevano maggiori consensi nei quartieri alti, non è una novità. Il problema però è anche il linguaggio. Il racconto sull’Italia di questo governo si è soffermato troppo su una parte di Paese, dimenticando che accanto a quella parte ce n’è un’altra che sta peggio”.
Su Matteo Renzi. “Il partito della nazione è un vestitino che è stato messo addosso all’ispirazione renziana, che non credo sia questa. Con Renzi il conflitto sociale viene indagato in modo diverso rispetto al passato. Renzi è convinto che siano tutte le rendite, comprese quelle della sinistra, a soffocare il Paese. Le vere povertà e sofferenze non stanno solo in alcuni ceti, ma è una sofferenza molto più singola, più diffusa, a volte scaturita da certi privilegi della sinistra. Non c’è dubbio che Renzi ha gestito il Pd in modo solitario, con un gruppo dirigente sul quale ho molte obiezioni. C’è stata una visione un po’ troppo personale del partito. La crisi della sinistra non è prodotta da Renzi, è Renzi che il prodotto di questa crisi. Se arriva Renzi è perché la tradizione dei Comunisti Italiani non è riuscita a rinnovarsi. La minoranza del Pd anziché rendersi conto di questo e sfidare Renzi nel merito, si è chiusa in un atteggiamento pregiudiziale”.
Sulla situazione specifica del PD a Roma: “Io dal 2008, da quando ho lasciato ogni ruolo di gestione amministrativa, non mi sono più occupato di Roma, se non in una fase in cui dall’esterno ho sostenuto Marino come candidato sindaco. Da quel momento ho avuto un atteggiamento molto critico rispetto ai gruppi dirigenti che hanno governato Roma. La vicenda romana è legata ad una crisi di direzione politica che è nata molto tempo fa. Tutto ciò è stato aggravato da una ventata generale di sostegno al M5S. Dove manca una direzione del Pd, una capacità di fare politica del Pd naturalmente succedono le cose che sono successe”.