Riceviamo e pubblichiamo la lettera di un ragazzo che dopo aver letto sul settimanale Unicusano Focus dell’iniziativa dell’Ateneo romano in merito all’attività didattica a stretto contatto con gli studenti, ha deciso di darci una testimonianza e un’utile riflessione.
Ciao, mi chiamo Luca e sono un ragazzo di 28 anni. Tempo fa, ho letto un vostro articolo dove parlavate dei problemi che i ragazzi affrontano nelle università pubbliche, è tutto vero.Per questo la vostra attività didattica così attenta alle esigenze temporali degli studenti, penso possa essere un valido aiuto per i vostri iscritti.
Io a cavallo tra il 2007/2008 mi iscrissi alla facoltà di scienze politiche, presso una nota università pubblica, ricordo il totale abbandono già al momento dell’iscrizione: codici, cedolini, scartoffie, segreterie sempre chiuse. Una corsa ad ostacoli.
Finalmente mi iscrissi, fiero di me, mi catapultai nella vita universitaria con l’entusiasmo di un ventenne. I primi tempi, le aule stracolme, le lezioni alle 8 (se devi prendere il treno alle 6, non è il massimo), i professori assenti, gli assistenti frustrati in delirio di onnipotenza, non sembravano scalfire la volontà di un ragazzo di provincia.
Dopo due anni però mi trovai spaesato, svuotato di ogni sentimento. Iniziai a credere che fosse impossibile, che non si può studiare mesi per un esame a cui il prof. non verrà. Ricordo valanghe di ragazzi fuori corso, chini verso un sistema che continuamente ci umiliava, eravamo matricole. Numeri. Visto che i problemi non vengono mai da soli, la crisi economica colpì anche la mia famiglia di piccoli imprenditori, e mi trovai difronte ad un bivio: Essere un numero, un fuori corso, oppure lavorare? Mollai e scelsi di lavorare.
A distanza di anni, provo un po di rabbia, perché l’entusiasmo nelle facce di chi era in aula con me, svaniva ogni giorno, proprio come la mia. Sarebbe molto più facile se ogni tanto un concetto venisse rispiegato, se si potesse assottigliare quella barriera fatta di cultura, età e forfora che divide un prof. da una giovane matricola. Probabilmente un tutor, un prof. più vicino e disponibile, orari più umani e sessioni più precise, potrebbero dimezzare il numero di fuori corso. È anche vero che un fuori corso paga più tasse, ergo, più guadagno per gli istituti.
Alla classica domanda: Se tornassi indietro, molleresti di nuovo? La risposta è ancora: Boh!P.s.
Non nego di aver conosciuto ragazzi che riuscivano benissimo, infatti voglio precisare che questa è una mia esperienza personale.
Finalmente mi iscrissi, fiero di me, mi catapultai nella vita universitaria con l’entusiasmo di un ventenne. I primi tempi, le aule stracolme, le lezioni alle 8 (se devi prendere il treno alle 6, non è il massimo), i professori assenti, gli assistenti frustrati in delirio di onnipotenza, non sembravano scalfire la volontà di un ragazzo di provincia.
Dopo due anni però mi trovai spaesato, svuotato di ogni sentimento. Iniziai a credere che fosse impossibile, che non si può studiare mesi per un esame a cui il prof. non verrà. Ricordo valanghe di ragazzi fuori corso, chini verso un sistema che continuamente ci umiliava, eravamo matricole. Numeri. Visto che i problemi non vengono mai da soli, la crisi economica colpì anche la mia famiglia di piccoli imprenditori, e mi trovai difronte ad un bivio: Essere un numero, un fuori corso, oppure lavorare? Mollai e scelsi di lavorare.
A distanza di anni, provo un po di rabbia, perché l’entusiasmo nelle facce di chi era in aula con me, svaniva ogni giorno, proprio come la mia. Sarebbe molto più facile se ogni tanto un concetto venisse rispiegato, se si potesse assottigliare quella barriera fatta di cultura, età e forfora che divide un prof. da una giovane matricola. Probabilmente un tutor, un prof. più vicino e disponibile, orari più umani e sessioni più precise, potrebbero dimezzare il numero di fuori corso. È anche vero che un fuori corso paga più tasse, ergo, più guadagno per gli istituti.
Alla classica domanda: Se tornassi indietro, molleresti di nuovo? La risposta è ancora: Boh!P.s.
Non nego di aver conosciuto ragazzi che riuscivano benissimo, infatti voglio precisare che questa è una mia esperienza personale.
Una testimonianza nella quale mi riconosco… io di anni ne ho 34 lavoro da quando ne avevo 19 e per me conciliare studio e lavoro è stato quasi impossibile sino a 2 anni fa quando mi sono iscritto in Unicusano, nel tentativo di riprendere e completare il mio corso di studi, dovendo oggi conciliare anche il tempo da dedicare a mia moglie e mia figlia.
Avevo abbandonato lo studio universitario da diversi anni e riprendere l’attitudine non è stato immediato, ma compreso il metodo, con il supporto e le informazioni dei tutor, il materiale e le esercitazioni in piattaforma e-learning sono ripartito e conto di completare entro la prossima estate.
Certamente si deve studiare per superare l’esame anche in Unicusano, nessuno regala nulla, ma la netta differenza tra il modello Unicusano e quello delle università pubbliche è che nessuno studente è abbandonato a se stesso durante questo percorso…