Amo, cinematograficamente parlando, Paolo Sorrentino. Lo amo dai tempi dell’Uomo in più. L’ho amato nelle conseguenze dell’amore e nella grande bellezza. Ma The Young Pope va oltre. The Young Pope non è un film. Non è nemmeno una serie televisiva. The Young Pope di Paolo Sorrentino non è grande cinema. E’ grande letteratura. E’ teologia fotografica, visiva poesia. Un’opera d’arte unica nel suo genere. Che ti incolla allo schermo. Ti cambia. Ti lascia dentro qualcosa che puntata dopo puntata matura. Decolla. Ti porta via. E ti rende impossibile restare lo stesso.
La trama ormai la conoscete. Non vogliamo spoilerare nulla né ribadire ciò che sapete già. The Young Pope, la serie di Sky firmata da Paolo Sorrentino, sta dividenendo il mondo. Alcuni, come me, la considerano un capolavoro. Altri un’opera fine a sé stessa. Io faccio mia una considerazione letta qualche tempo fa sul Fatto Quotidiano: “Anche se fosse automasturbazione, sarebbe comunque una gran bella sega”.
Insomma, The Young Pope lo dovete vedere. Per forza. Quest’opera di Paolo Sorrentino non può mancare nella vostra mentale videoteca. Perché è un prodotto unico. Innovativo. Destinato a segnare un confine al di là del quale nulla sarà più come prima, a livello televisivo e a livello cinematografico.
Con The Young Pope Paolo Sorrentino scrive una pagina di storia. Una pagina maestosa. Perché in un mondo in cui si parla quasi sempre del niente ed il niente ha guadagnato passo dopo passo nell’indifferenza generale il ruolo del tutto, The Young Pope ci costringe, con i suoi dialoghi, a tornare ad interrogarci su quelle questioni esistenziali che abbiamo troppo presto messo da parte. Con il suo Papa Giovane, Paolo Sorrentino ci obbliga, mediante dialoghi curati in ogni minimo dettaglio, a parlare di Dio, dell’amore, dell’odio, dell’individualismo, dell’altruismo, dell’egoismo, del sesso, dell’amicizia, e di tutti quei massimi sistemi che muovono il mondo e che noi troppo banalmente abbiamo sintetizzato in frasi ad effetto da condivedere su Facebook per acchiappare qualche like in più.
E attenzione, perché The Young Pope oltre a farti vibrare, come uno stagno d’acqua un sasso, è anche divertente. Col cardinal Voiello (Silvio Orlando semplicemente pazzesco) ed il suo Napoli, ad esempio. O con quei truffatori della fede che vengono smascherati e puniti nelle modalità più assurde, con Paolo Sorrentino che attraverso il suo giovane Papa dice letteralmente alla Madonna o a Dio cosa devono fare, come devono agire, rispondere o castigare questo o quell’impostore.
Confinato in una realtà che probabilmente mai arriverà, The Young Pope svela una Roma di oggi che di oggi non è, uno Stato Pontificio in crisi d’identità e di valori, una Chiesa chiusa ma più aperta che mai nel suo anacronismo dogmatico che le permette di smetterla di inseguire i tempi che cambiano, di restare ferma con l’obiettivo di essere, un giorno, inseguita a sua volta.
Paolo Sorrentino con The Young Pope ha firmato un lavoro maestoso, neorealista e surreale al tempo stesso, scomodo gioco di contrasti che disegna un nuovo modo di fare televisione, che in televisione ha portato il cinema, di più, la letteratura, di più, la poesia, di più, la teologia. Indimenticabile.