In questo articolo sono specificati ed illustrati i DSA, i modi di riconoscimento ed i “campanelli d’allarme” che potrebbero spingere la famiglia ad una diagnosi o meglio ad una perizia per verificarne la presenza nei bambini.
Ho realizzato questo progetto nell’ambito di un percorso di alternanza scuola-lavoro che il mio liceo, “Istituto Magistrale Statale Gelasio Caetani”, ha strutturato in sinergia con l’università Niccolò Cusano, nello specifico, all’interno degli studi di radio Cusano campus.
Cosa sono i DSA?
I DSA si manifestano come deficit nelle capacità di lettura, scrittura e calcolo. Questi disturbi sono dovuti al funzionamento anomalo delle reti neuronali coinvolte in queste attività.
Le indagini svolte a riguardo indicano che in Italia si osservano ragazzi o bambini con DSA tra il 2,5% ed il 3,5%; il che riportato in numeri si traduce con circa 350.000 bambini o ragazzi con DSA sul suolo italiano; tuttavia non possiamo parlare di dati specifici in quanto spesso i DSA non sono riconosciuti o diagnosticati in età scolare.
Quali sono i DSA?
I DSA sono:
- La dislessia: caratterizzata da una minore velocità o correttezza nella lettura;
- La disortografia: manifestata attraverso una minore correttezza ortografica;
- La disgrafia che compromette la velocità nella realizzazione di grafici o scritture manuali;
- La discalculia: riguardante la compromissione della cognizione numerica, vale a dire il riconoscimento e le procedure di calcolo scritto.
Per guidarvi ho deciso di intervistare una psicologa specializzata nei disturbi specifici dell’apprendimento, nonché referente dei DSA presso l’istituto comprensivo “largo San Pio 5°”
Troverete l’intervista proseguendo con la lettura…
Dott.ssa Aiello ci può illustrare quali sono i momenti nei quali si può effettuare una diagnosi di DSA?
“Sì certo, per effettuare una diagnosi di DSA e per evitare di incorrere in errori, è consigliabile aspettare almeno la fine del primo biennio della scuola primaria; ovvero quando il bambino dovrebbe aver acquisito l’abilità della scrittura e della lettura in maniera automatica; dunque è solo alle fine del secondo ciclo che si può cominciare ad effettuare una diagnosi di DSA”.
Come si riconosce la diagnosi di DSA? Ci sono dei segnali di riconoscimento?
“Sì, ci sono dei segnali di riconoscimento e semplici accorgimenti che possono evidenziarsi già durante la scuola materna”.
“Ad esempio quando il bambino esce dai margini mentre colora; quando il bambino ha un andamento poco dinamico e statico infatti basta far camminare il soggetto lungo una linea bianca e vedere il suo orientamento oppure quando il bambino ha un andamento goffo”.
“Questi sono piccoli segnali di allarme che chiaramente vanno valutati da persone esperte, ma possono farci capire se potrebbe esserci o meno qualche problematica”.
“Ad esempio anche nell’ambito della lateralizzazione; un bambino che lancia una palla con la mano destra ma si lava i denti con la mano sinistra, sono indici di una lateralizzazione incrociata, che dovrebbero farci pensare ad un probabile disturbo. Naturalmente bisogna aspettare però dei tempi necessari, anche per la maturazione del sistema cognitivo”.
Quindi ci sono dei piccoli segnali che possono farci accorgere dei DSA anche da parte della famiglia: dei “campanelli d’allarme che poi possono essere riportati all’insegnante, alla scuola o alla psicologa che si occuperà di questo?
“Sì, sicuramente ci sono dei piccoli segnali d’allarme ma non necessariamente indicano la presenza di un DSA”.
Ci sono delle differenze tra BES e DSA?
“Sì. I DSA, come riportato nella legge 170, sono riconosciuti come disturbi specifici dell’apprendimento. Inoltre, la legge riconosce ai DSA con certificazione il diritto allo studio”.
“Per quanto riguarda i BES- prosegue la dott.ssa Aiello- introdotti dalla legge ministeriale del 27 dicembre 2012, sono tutti quei soggetti con disabilità e difficoltà nell’apprendimento che possono essere dovuti a condizioni familiari poco favorevoli o ad uno svantaggio socio-culturale e che a differenza dei DSA possono essere temporanei”.
“Per entrambi la legge prevede la personalizzazione dell’intervento attraverso la pianificazione, da parte del collegio docenti e dei genitori, di un PDP che è appunto un piano didattico personalizzato, in cui si evidenziano le misure compensative e dispensative da attuare”.
Quali sono queste misure? Ce le può meglio illustrare?
“ Dunque, le misure compensative sono ad esempio: l’ausilio informatico che potrebbe essere d’aiuto in caso di bambini disgrafici, infatti potrebbe risultare più facile scrivere al computer rispetto alla scrittura manuale; l’utilizzo di una calcolatrice; il lettore vocale che permette ad un bambino dislessico di ricevere la lettura di un brano particolarmente lungo che potrebbe risultargli molto difficile”.
“Tra le misure dispensative, invece, ritroviamo l’esonero dalla lettura ad alta voce che potrebbe mortificare un bambino dislessico e l’esenzione dallo svolgimento di compiti troppo lunghi. Ecco, tutte queste misure sono a favore della personalizzazione dell’apprendimento del bambino con DSA”.
Queste misure non hanno delle ricadute sull’autostima di un bambino affetto da DSA?
“Diciamo che il bambino affetto da DSA è di per sé un bambino con una scarsa autostima e con una percezione di sé poco positiva; in effetti gli psicologi tendono a distinguere il ‘sé scolastico’ da quello non scolastico, perché il bambino con DSA potrebbe avere una percezione del ‘sé scolastico’ poco positiva , il problema è però che spesso si accompagna a questo anche la percezione poco positiva del ‘sé non scolastico’; quindi il bambino vive se stesso in maniera poco positiva come anche il sentimento dell’ auto-attribuzione, infatti di fronte ad un compito andato male il bambino con DSA riferirà che il compito ha avuto esito negativo perché era troppo difficile, perché le maestre sono cattive, insomma, riferisce cause esterne in quanto lui non può cambiarle. Non attribuisce le cause ad una propria difficoltà come invece farebbe un bambino senza DSA che potrebbe riferire di non aver studiato abbastanza; questo, significa attribuire a se stesso la possibilità di un cambiamento, mentre nel caso di DSA il bambino è come impotente di fronte ad un cambiamento”.
Giulia Baccanelli