Non si placano le polemiche dopo le dichiarazioni di Raffaele Cantone che ha definito l’università corrotta e familistica Il Prof. Pietro Ichino, Senatore del Pd, è intervenuto sul tema ai microfoni della trasmissione “Open Day”, condotta da Misa Urbano e Alessio Moriggi su Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano.
“Quello dei concorsi universitari è un metodo di reclutamento che contribuisce alle non brillanti performance del nostro sistema universitario –ha affermato Ichino-. Il concorso garantisce una regolarità formale, ma non garantisce in alcun modo che venga privilegiato il merito e la verità utilità didattica per la ricerca nell’università. Non è neanche pensabile che alla valutazione dei professori della facoltà si sostituisca né un sistema automatico, né il giudice. Da questo punto di vista dissento un po’ dall’impostazione di Cantone che parla di corruzione, la corruzione è un reato, contro i reati ci vogliono i carabinieri e le manette e ci vuole un giudice che accerta un reato. Nella stragrande maggioranza dei casi, io non vedo il fenomeno di corruzione volgare che vediamo nel resto dell’amministrazione. Vedo un sistema in cui non ci sono gli incentivi giusti, vedo che al professore e alla facoltà non viene imputata in modo efficace la responsabilità per aver chiamato la persona sbagliata, magari perché era il parente o il portaborse con cui il docente si era obbligato sfruttandola come sostituto per gli esami, magari gratuitamente per anni. Per carità, quel portaborse può anche essere bravissimo, ma per un verso non può essere il giudice ad accertare che c’è stata malafede, per un altro verso se la scelta è sbagliata il professore e l’università non pagano pegno”.
La proposta. “La mia proposta –ha spiegato Ichino- è basata sul sistema chiamato income contingent loans, cioè prestiti da restituire solo se la scommessa risulterà vinta. Per consentire a tutti – anche ai più poveri – di sostenere il maggior costo di iscrizione, e anche il maggior costo di mantenimento agli studi (perché scegliere la facoltà migliore vuol dire di solito sceglierne una lontana da casa), lo Stato dovrebbe offrire a tutti il prestito necessario: per esempio, 15.000 euro all’anno; col patto che questo prestito verrà restituito dall’interessato, a rate, soltanto se e a partire da quando incomincerà a guadagnare più di 24.000 euro. Questa meccanismo consente allo studente di compiere questa scommessa sulle proprie capacità e sulla buona istruzione in tutta serenità, perché se la scommessa andrà perduta e resterà disoccupato non sarà tenuto alla restituzione. E’ un meccanismo estremamente democratico che ha il pregio di responsabilizzare lo studente, ma responsabilizza fortemente anche l’università. C’è un fondo per il merito che copre il 10% di casi in cui lo studente non raggiunge il limite di reddito che non consente la restituzione del prestito. In quel caso paga l’ateneo che ha fallito, questo fa sì che gli atenei siano fortemente mobilitati per collocare i propri laureati. Questo obbliga ovviamente atenei a produrre laureati che abbiano buone prospettive di occupazione. Altro risvolto molto rilevante è che in questo modo l’università che sceglie male i propri docenti, in modo clientelare e nepotistico, oltre a rischiare in futuro di dover pagare per i fallimenti, rischierà di fallire perchè gli studenti non si iscriveranno vedendo che non funziona. Il problema è che proporre questo schema in Italia comporterebbe una rivoluzione molto profonda, radicale, che non è politicamente proponibile dall’oggi al domani, però il progetto di Daniele Terlizzese esposto nel suo libro “Facoltà di scelta”, prevede che in Italia si apra questa possibilità per l’ateneo che intende accogliere questa sfida. A quel punto la facoltà può aumentare le tasse, è libera di scegliere i propri docenti e ricercatori e pagarli. Si può ipotizzare che una Bocconi decida di fare questa scommessa, quindi ingaggia i professori migliori del mondo, si finanzia con maggiori tasse che chiede agli studenti, queste tasse sono interamente coperte dall’income contingent loans, quindi anche il più povero tra gli studenti italiani può scommettere su quel corso di laurea. Se poi quella facoltà perde la scommessa e i suoi laureati non ripagano i prestiti ricevuti, quella facoltà chiuderà e i suoi docenti perderanno il posto. Questo è un progetto che non obbliga nessuno, però il fatto che alcune facoltà entrino in questa logica le può rendere più appetibili e il successo della loro scommessa può costringere gli altri atenei a scegliere quella strada. A quel punto per lo Stato diventa più facile estendere quello schema a tutte le università”.