L’ultima, in ordine di tempo, a tentare di limitare il fenomeno dei libri scolastici buoni solo per una stagione fu il ministro Mariastella Gelmini. L’ex numero uno del dicastero dell’istruzione dispose il blocco dei testi scolastici, sei anni per le scuole medie e cinque per le elementari, iniziativa volta a favorire le famiglie italiane, vessate, ogni inizio anno, dall’acquisto di nuove edizioni che variano solo sensibilmente da quelle vecchie.
Dall’anno scolastico 2014/2015 è stata completamente dimenticata l’iniziativa della Gelmini e si è tornati sulla via della liberalizzazione, riconsegnando ai docenti la possibilità di cambiare testi anche ogni anno. Da sempre le famiglie, solo quelle italiane visto che nei paesi del nord Europa i libri sono un bene della scuola e i genitori sono esentati dal comprarli, cercano una soluzione low cost per non incappare nella batosta libri di inizio anno, magari ricorrendo a testi usati. Negli ultimi tempi questo tipo di impresa non è più percorribile e a testimonianza di questo basterebbe intraprendere una breve passeggiata tra le vie della Capitale dove si può notare che i cassonetti dell’immondizia continuano ad essere pieni di testi scolastici, magari adottati l’anno prima e che ora non valgono più niente.
L’investimento sui libri oggi non è più tale: con i testi dell’anno precedente molte famiglie finanziavano l’acquisto per l’anno successivo o contavano di passare il testo ai figli minori. Oggi non si può! Cambiare i testi ogni cinque o sei anni era un guadagno sicuro per gli editori, ma allo stesso tempo un risparmio notevole per tutti; grazie alla liberalizzazione sostenuta dal governo Monti, la lobby libraria sembra aver avuto la meglio sui risparmi degli italiani. Vuoi per un cd, vuoi per un’integrazione o metti pure per un approfondimento, il libro dell’anno prima conosce una sola destinazione: il cassonetto. Aggiornare le edizioni è essenziale dal punto di vista critico, farlo ogni anno rischia di alimentare le versioni pirata o semplicemente il debito dei genitori, peraltro già attanagliati dalla crisi economica.