Eraldo Affinati, scrittore, insegnante e fondatore della “Penny Wirton”, una scuola gratuita di italiano per immigrati, ha scritto una lettera all’interno della quale sembrano non trovare spazio tutte quelle parole chiave che ci ha portato in dotazione la legge 107, cosiddetta de La Buona Scuola. Niente autonomia, neanche l’ombra della chiamata diretta, nessuna traccia di bonus insegnanti.

“Io ti vorrei raccontare i momenti magici che fra pochi giorni, quando ricominceranno le lezioni in tutta Italia, vivranno migliaia di persone, fra studenti e professori: nuclei di umanità che entrano in rapporto, mondi interiori pronti a travasare gli uni negli altri, sensibilità a confronto, caratteri in formazione e maturità da conquistare”. Questa è scuola secondo Eraldo Affinati.

Eraldo Affinati è stato protagonista di una breve intervista e ai microfoni di radio Cusano Campus ha raccontato attraverso quale percorso è arrivato a sognare una scuola così come ha descritto. Affinati, qual è la missione della scuola di domani?

“Nella mia lettera ho volutamente tralasciato le questioni politico-amministritative che hanno coinvolto in questi anni il mondo della scuola, per parlare di una realtà concreta, di cui spesso ci dimentichiamo e che ruota tutta attorno ai rapporti umani che si instaurano in classe tra insegnanti e studenti. È in quel luogo, la classe, che si consumano vere e proprie battaglie, sfide continue tra adulti e adolescenti, gli uni col compito di trasmettere una tradizione, gli altri col diritto-dovere di acquisirla. Perdersi tra questioni amministrative e conflitti politici può far dimenticare il volto degli studenti e la fatica degli insegnanti”.

Rivitalizzare la tradizione per trasmetterla ai giovani, modellare le coscienze in crescita, formare lo spirito critico e aiutare i ragazzi a diventare adulti. Nella legge 107 non si parla di nulla di tutto ciò, come può un insegnante riuscire nell’impresa di realizzare tutti questi principi?

“Ogni giorno, quando un insegnate legge in classe Foscolo o Manzoni, fa un tentativo di richiamare la tradizione anche se non può trasmetterla come fosse un pacco postale. I ragazzi devono riuscire a vivere una tradizione che è ben lontana dalle loro vite e dai loro interessi e quella che intraprendono i loro insegnanti, è una battaglia che chiama in causa la storia del nostro paese, le identità europee, è una sfida continua, la scuola in questo senso è una trincea etica”.

Eraldo, nell’esercizio della tua professione di insegnante ti sei mai sentito solo?

“Tante volte, un insegnante è solo. Il più delle volte si trova di fronte ragazzi che sono lusingati dai miti del successo, della  bellezza, della sanità e della ricchezza. L’insegnante è l’unica figura della loro vita che deve ricondurli ai valori dell’applicazione, del rigore, della concentrazione e dello studio. Puoi riuscirci solo se riesci ad accendere una passione ma una passione può essere accesa solo se la vivi”.

Da dove nasce la fondazione della scuola “Penny Wirton”?

“Dalla mia esperienza alla Città dei Ragazzi, dove ho avuto modo di venire in contatto con quelli che vengono definiti minorenni non accompagnati. Io e mia moglie abbiamo voluto fondare una scuola per loro, una scuola senza classi, voti né burocrazie. Presso la Penny Wirton tanti liceali hanno svolto le loro ore di alternanza scuola-lavoro insegnando l’italiano ai ragazzi immigrati. In perfetto stile Don Milani, all’insegna del massimo coinvolgimento. La Penny Wirton è ormai in tutta Italia”.