Dopo aver portato, per quasi un anno, la mia passione per la lettura e la letteratura ai microfoni di Open Day, quest’ anno il mio interesse per la radio e il giornalismo convoglieranno in una nuova attività. Protagonisti della mia rubrica saranno i giovani, impegnati nello sport, nella scuola, nel lavoro, nel mondo della comunicazione o drammaticamente coinvolti in un disastro naturale, come in questa prima intervista.
A seguito del devastante terremoto che ha colpito il centro Italia, nella notte del 24 agosto, siamo stati inondati di informazioni attraverso qualsiasi mezzo di comunicazione. Per capire quale fosse il punto di vista di un giovane ho incontrato Giorgia Ricci, una ragazza romana di 23 anni che la notte del 24 agosto era a San Giorgio, un paese che dista pochi chilometri da Amatrice.
Buonasera Giorgia. Grazie per la tua disponibilità e per aver scelto di raccontare ai microfoni di Open Day la tua esperienza.
“Buonasera a tutti e grazie a te”.
Giorgia, cos’è successo la notte del 24 agosto?
“Quella notte sono rientrata nella mia casa a San Giorgio, dopo aver cenato a casa di mia cugina, ad Accumuli. Alle 3.36 vengo svegliata da un forte boato che a parole non si può descrivere, il mio letto sbatteva contro il muro di cemento e nonostante si senta parlare spesso di terremoti, in quel momento non riuscivo a capacitarmi di cosa stesse succedendo. Mi sono diretta nella stanza dei miei genitori, dove una spalliera ed uno specchio erano precipitati sul pavimento e siamo usciti velocemente di casa”.
San Giorgio dista pochi chilometri da Amatrice, e poco dopo il terremoto ti sei recata al paese per capire cosa fosse successo.
“Terminato il terremoto, io e alcuni familiari ci siamo recati ad Amatrice, portando con noi diversi attrezzi che ci permettessero di prestare soccorso, tra cui: scala, motosega, vanga, zappa. Arrivati sul posto, siamo stati inizialmente bloccati dalla polizia locale, ma poi lasciati passare per via degli attrezzi pesanti che portavamo con noi. Raggiunto il centro abbiamo proseguito a piedi. Insieme siamo riusciti a liberare da un’abitazione una coppia di anziani, lei è scesa con solo una maglia, un paio di calze e una bustina di medicine. I loro sguardi erano tesi, tristi ed impauriti”.
I tuoi amici e coetanei presenti ad Amatrice la notte del 24 agosto, come hanno vissuto quei momenti?
“Molti amici purtroppo non ci sono più ed io spero che non se ne siano resi conto, perché avere la sensazione di morire è probabilmente la sensazione più brutta che ci sia. Tanti altri hanno perso la casa, un familiare, il lavoro, mentre alcuni l’intera famiglia. Penso che perdere l’intera famiglia lasci un senso di solitudine ed un vuoto incolmabili”.
A tuo parere, che prospettiva hanno questi ragazzi per il futuro? Pensano di lasciare il paese?
“I ragazzi che abitano nei piccoli paesi sono diversi da noi ragazzi di città. Mentre noi desideriamo andare alla ricerca di posti nuovi dentro e fuori l’Europa, loro vivono più di cuore che di materia. Molti di loro sono rimasti ad Amatrice perché desiderano e credono si possa ricostruire il paese e ritornare a quella routine spazzata via dal Terremoto, la notte del 24 agosto”.
Sicuramente Giorgia avrai sentito delle varie iniziative di solidarietà sociale intraprese, ad esempio, dall’Inter che ha donato 200 mila euro ai terremotati o da Mark Zuckenberg che ha donato 500 mila euro alla Croce Rossa oppure dall’Università Niccolò Cusano che ha donato 50 mila euro per contribuire alla realizzazione di un istituto scolastico. C’è ancora fiducia in queste iniziative? A tuo parere i soldi arriveranno a chi sono destinati? “Se i soldi arriveranno a destinazione si vedrà solo con il tempo. E’ quindi, a mio parere, fondamentale donare i soldi alle scuole, perché senza i bambini i paesi diventano paesi fantasmi; aiutare gli agricoltori e gli allevatori perché se mangiamo e beviamo prodotti casarecci e di qualità è soprattutto grazie alla loro fatica. Ad ogni modo, spero che i soldi donati e stanziati arrivino a destinazione, perché non si vive solo di grandi città, ma anche di piccoli paesi, dove le persone sono abituate alla loro routine e a ad una quotidianità fatta di piccole, ma comunque grandi cose”.
Grazie Giorgia per avermi concesso questo incontro e per aver raccontato la tua esperienza e le tue emozioni.
Camilla Miglio