“C’erano una volta un ragazzo e una ragazza. O forse sarebbe meglio scrivere: c’erano una volta un uomo e una donna. Ma forse anche meglio: c’erano una volta due persone innamorate. […] C’erano una volta perché ora non ci sono più.” Esordisce così Susanna Casciani nel suo romanzo, Meglio soffrire che mettere in un ripostiglio il cuore, che racconta la storia d’amore di una receptionist, Anna, e di un professore di storia dell’arte, Tommaso scegliendo di partire da “La Fine”. E’ una mattina di fine aprile, mentre Anna legge un buon libro sul divano, Tommaso è in cucina a bere una tazza di caffè. Si erano amati, lui l’aveva amata quasi ad impazzire, ma ora non più, già da tempo non la sentiva. Quella mattina per Tommaso è il momento di chiudere quella storia che da diversi mesi ormai faceva innumerevoli passi indietro e nessuno in avanti. Senza pronunciare neanche una parola, mentre Anna esce di casa per non dovergli dire addio, Tommaso raccoglie gli oggetti personali e lascia sul comodino un biglietto di speranze svanite e di scuse.
Anna, come ogni donna, sa che non deve cercarlo, chiamarlo, scrivergli sms, seguirlo, ma il dolore dovuto all’assenza di Tommaso è troppo forte per l’indifesa e sensibile Anna che decide di continuare a parlargli indirettamente attraverso un diario. Sul vecchio quaderno Anna appunta le sue emozioni, i dolci ricordi di un amore felice e le sue esperienze nella nuova vita senza Tommaso, tenuto dapprima giornalmente, poi settimanalmente, fino a mensilmente.
L’allontanamento di Tommaso lascia in Anna un vuoto incolmabile che, per diversi mesi, non può essere compensato da un appuntamento dal parrucchiere, un buon libro, un buon profumo, un’uscita con le amiche. La perdita del suo punto di riferimento fa sentire Anna insicura, incapace ed incompresa, tanto da chiudersi in sé stessa e vivere tutto il suo dolore in silenzio, sentendosi come “una bambina che si è persa al supermercato e ha paura che la sua mamma l’abbia abbandonata lì ”, perché è logorante aggrapparsi ai bei ricordi, anche più remoti, sperando in un ritorno, sognando di poter cambiare in qualche modo gli eventi, e subito dopo ricordare come quella storia, che sembrava potesse superare ogni difficolta, sia finita in modo così assurdo ed improvviso, e nulla tornerà mai come prima. E’ difficile amare e non essere amati.
Meglio soffrire che mettere in un ripostiglio il cuore è un libro di una donna, che ha vissuto e perso il grande amore soffrendo al punto da chiedersi come sia potuta sopravvivere a tutto questo, ma è anche una storia di rinascita e di riscatto perché la vita è questa. La vita continua, i bei ricordi svaniscono e le immagini non sono più così nitide e costantemente presenti nei nostri pensieri. Lentamente la rabbia e la nostalgia passano. Si ricomincia a progettare fantasticare e stupirsi di tutto ciò che si è in grado di fare da soli, perché noi stessi siamo la sola ragione che ci tiene al mondo.. Si ricomincia a sperare in nuove amicizie e nuovi amori, perché l’amore è ovunque e non è possibile fuggire dalle nostre sensazioni e alle nostre emozioni, è un’illusione pensare “non amo più”.
“Allora forse, e dico forse, è meglio soffrire che mettere in un ripostiglio il cuore. Meglio non perdere la buona abitudine di piangere prima di andare a dormire per poi, al mattino, sbocciare pieni di buoni propositi e di dolci illusioni. […] Meglio non aver paura di far girare tutto intorno al cuore. Anche se sembra assurdo, anche se ci rende fragili. In realtà è un superpotere.”
Camilla Miglio