Il colpo della Lazio è di livello mondiale. Portare Bielsa a Roma è un regalo che il club capitolino ha fatto a tutto il calcio italiano. E’ come se fosse arrivato un grandissimo campione, uno di quelli che spostano le folle, uno di quelli che ti tengono incollato davanti alla tv o fanno spellare le mani ai tifosi presenti allo stadio. 

Bielsa – Lazio, un matrimonio in bilico fino all’ultimo, che alla fine si è consumato per la gioia non solo dei tifosi biancocelesti. “Il miglior allenatore del mondo”, secondo Guardiola. Sicuramente personaggio atipico, vero, benedetto in questo mondo di professionisti omologati, in cui nessuno dice quello che pensa e si fa a gara ad essere la copia della copia più copiata.

Marcelo Bielsa, nuovo allenatore della Lazio, ai tempi del Marsiglia
Marcelo Bielsa, nuovo allenatore della Lazio, ai tempi del Marsiglia

Impossibile sapere come andrà l’avventura di Bielsa alla Lazio. Quello che ha fatto a Bilbao e a Marsiglia fa ben sperare, ma l’arrivo di Bielsa in Italia è da accogliere con grande gioia al di là di quelli che potranno essere i risultati. Perché Bielsa, El Loco per tutti, con la democrazia del metodo lotta da sempre contro la dittatura dei risultati.

Personaggio schivo, Bielsa. Loco, asociale, decisamente particolare. Non rilascia interviste (“Perché dovrei accettare di parlare con un giornalista di una grande testata e rifiutare un incontro con un cronista locale che magari è stato solo meno raccomandato o meno fortunato?”, disse), è geloso dei suoi metodi, nasconde la squadra, fa tattica e pretattica, mangia calcio, vive di calcio, ha teorizzato ventotto modi di battere una rimessa laterale, trentaquattro modi di battere un corner. Sulla gestione di un club, ama ripetere: “I cambiamenti in una squadra si attuano quando si vince, non quando si perde. Quando si perde è il momento di osservare e capire”. 

Marcelo Bielsa, il nuovo allenatore della Lazio
Marcelo Bielsa, il nuovo allenatore della Lazio

Nel corso della sua carriera, Bielsa, nuovo allenatore della Lazio, ha collezionato trionfi e qualche delusione. Una su tutte: il mondiale del 2002 andato malissimo alla guida di una Argentina con grandi campioni (Batistuta e Crespo in attacco, Veron, Simeone, Zanetti, tanto per fare alcuni nomi). Eppure proprio in quel mondiale si è consumata l’unione tra Bielsa e i suoi calciatori, che mai hanno pensato di dare la colpa di quella delusione al commissario tecnico, difeso a spada tratta ancora oggi da tutti quelli che hanno fatto parte di quella spedizione.

Bielsa non ha mai allenato un top club, obietteranno alcuni. E’ vero. Ma è stata una scelta sua. Rifiutò l’Inter, qualche anno fa, perché già in parola con il Bilbao. Viene da una famiglia dell’alta borghesia, ma è un rivoluzionario. Ama lavorare sul campo, plasmare col suo metodo calciatori che grazie a lui diventano campioni. Non ci credete? Domandate a Dimitri Payet.  Senza dimenticare che una leggenda come Gabriel Omar Batistuta, disse di lui:Mi fece dimagrire, e quando finì la dieta mi portò nel suo ufficio, sotto la tribuna, e mi regalò un’intera scatola dialfajores: è stato come un padre, il mio primo vero allenatore e il più importante in tutta la mia formazione

Bielsa non prende in giro, non si fa prendere in giro e dice sempre quello che pensa. Se una cosa non gli sta bene, non ha problemi a dire addio, anche se ci sono da stracciare contratti milionari. Non è un integralista del modulo. E’ un integralista del metodo. Può giocare con l’ormai famigerato 3-3-1-3, ma anche con il 4-2-3-1. Dipende. I numeri per lui sono importanti, ma riesce ad adattare il proprio modo di intendere il calcio ai giocatori che ha a disposizione. Sui calciatori, ha detto: “Tutti sappiamo quando un giocatore è bravo o scarso. Il vero merito di un tecnico è capire quando un giocatore che sembra normale può diventare davvero bravo. Un buon allenatore è quello che porta il giocatore ad esprimere il massimo del suo potenziale, o a scoprirlo quando ancora nessuno lo ha fatto”. 

Solo su una cosa non transige. Il lavoro. L’impegno. La passione. L’aggressività. “Sono a favore di un calcio più aggressivo e meno paziente. Perché? Perché sono ansioso di natura e perché sono argentino.”

Lo storico discorso di Marcelo Bielsa dopo una partita stradominata dal Marsiglia, club che allenava, ma terminata 0-0 contro il Lione