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I lati oscuri dell’omicidio di Alessandro Polizzi

Per l’omicidio di Alessandro Polizzi, la Corte d’Assise di Perugia ha condannato all’ergastolo Riccardo Menenti e a 27 anni di carcere il figlio Valerio Menenti. L’Avvocato Manuela Lupo, legale di Valerio Menenti, è intervenuta ai microfoni della trasmissione “Legge o giustizia”, condotta da Matteo Torrioli su Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano (www.unicusano.it).

Le lacune dell’accusa. “Valerio Menenti era ricoverato in ospedale per un’aggressione molto grave subito da Alessandro Polizzi –ha spiegato l’Avv. Lupo-. La posizione di Valerio nasce in una posizione molto contrastante nel disegno dell’accusa perché nasce come concorrente morale. La sentenza poi lo condanna per concorso morale e materiale in omicidio. Per il concorso morale la condanna si è basata soltanto su una testimonianza di un’informatrice di polizia, commessa di un negozio di compro oro, Lina Bozzo. Questa donna ha detto che Valerio era andato nel suo negozio a telefonare e lei lo avrebbe sentito dire: ‘Non ti preoccupare, mi vendicherò senza sporcarmi le mani’. Noi l’abbiamo contestata subito questa testimonianza, chiedendo di acquisire le immagini delle telecamere di sorveglianza di questo compro oro e i registri che provassero la presenza di Menenti in quel negozio. Tutto ciò non è stato acquisito. Il capo della squadra mobile, sotto giuramento, ha detto che aveva visionato questi registri e non aveva trovato niente e che le immagini delle telecamere di sorveglianza non c’erano. Manca quindi una prova sulla credibilità della testimonianza della Bozzo”.

“E’ stato poi fatto un controllo  sulle celle telefoniche del cellulare di Valerio. Sono venuti dei poliziotti a testimoniare che il telefonino di Valerio Menenti quel pomeriggio del 23 marzo 2013, non agganciava nessuna cella in prossimità di nessuna zona. Questo elemento è stato portato come prova a contrario, cosa che nel nostro diritto non esiste. Ovvero l’accusa ha sostenuto che il fatto che il telefono non agganciasse nessuna cella è la prova che lui aveva spento il telefonino e quindi si era allontanato dall’ospedale per non essere segnalato in altre zone della città. Già dicendola così è macchinosa la tesi. Questo non dimostra niente, non può essere una prova. Al limite può essere un indizio o uno spunto investigativo. Menenti era fuori casa dal 22 sera, avendo il telefonino appresso, è molto più probabile che il telefonino si sia spento in quanto si era scaricato. Si possono fare mille illazioni su questo”.

Sulla vicenda è intervenuta anche Roberta Sacchi, psicologa e criminologa, consulente della difesa. “A mio avviso si tratta di un clamoroso errore giudiziario. Sulla scena del crimine, durante il sopralluogo della Scientifica, la pistola è stata spostata. Così come il piumone del letto dove sarebbero stati colpiti Polizzi e la sua fidanzata, Julia Tosti. La pistola è stata attribuita a Valerio Menenti (ex fidanzato della Tosti), solo sulla base del fatto che Valerio andava dicendo in giro che, se Julia l’avesse lasciato, lui si sarebbe sparato. Riccardo Menenti sostiene di essere entrato nell’appartamento della Tosti armato solo di un piede di porco, per dare una lezione a Polizzi, come lui aveva fatto per ben tre volte in tre mesi con il figlio Valerio, e di essersi trovato di fronte Polizzi armato. La Tosti, unica testimone di quella sera, ha negato che Polizzi avesse una pistola ma ci sono almeno due cose che mettono in dubbio la sua versione: Un mese prima dell’omicidio, Alessandro Polizzi, insieme a un suo amico albanese, aveva fatto un viaggio in Spagna per portare a Perugia un carico di droga. I due avevano poi simulato il furto e l’incendio della loro auto per rubare il carico ai loro mandanti. Polizzi aveva paura e mezza Perugia sa che lui andava cercando una pistola, proprio perchè aveva paura. Sulla pistola la scientifica ha trovato tracce del solo Polizzi. Peraltro anche sul grilletto. Cioè, sul grilletto ci sono solo tracce di Polizzi ed è impossibile che Polizzi e Menenti avessero entrambi il dito sul grilletto perchè, fisicamente, due dita non c’entrano! Ad un certo punto spunta fuori la testimonianza di una rumena, titolare di una Compro Oro, che dice di aver sentito Valerio Menenti parlare al telefono, davanti il suo negozio. Secondo lei Valerio diceva che prima o poi avrebbe ammazzato Polizzi. Peccato che quel giorno in cui lei afferma con sicurezza questo fatto, Valerio Menenti era in ospedale perchè malmenato da Polizzi. Gli inquirenti, per superare questo “piccolo problema”, hanno detto che Valerio si è staccato le flebo (risulta dalla cartella clinica che era attaccato alle flebo per tutto il pomeriggio) e, prendendo un trenino, poi un autobus e poi facendo 800 metri in salita a piedi, è uscito dall’ospedale per andare al Compro Oro. Perchè? Per vendere un braccialetto! Che poi, guarda caso, non ha venduto”.

 

Radio Cusano Campus

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