Oggi all’interno dell’Università N. Cusano si è tenuta una lezione particolarmente coinvolgente, afferente al corso di sociologia generale, dal titolo “Il giornalista e la sociologia”. A sollecitare i giovani studenti su tematiche a loro particolarmente vicine la giornalista Benedetta Cosmi, vice direttrice di Job e scrittrice, i cui ambiti di interesse professionale ruotano attorno al mondo della scuola, dell’università, del lavoro e della cultura. Benedetta Cosmi ha illustrato ai microfoni di Open Day i passaggi principali della sua lezione, le reazioni dei ragazzi alle sue provocazioni e le conclusioni a cui è giunta insieme a loro.
Dott.ssa Cosmi, una sintesi della lezione che ha tenuto oggi in ateneo: i ragazzi si sono mostrati particolarmente coinvolti per l’approccio sociologico che è riuscita ad imprimere alla trattazione di tematiche diverse ma tutte attinenti al mondo giovanile.
“Sono molto soddisfatta del lavoro fatto in classe oggi. Si sono mostrati tutti molto partecipi nell’affrontare le tematiche che, di volta in volta, ho presentato loro. Con alcuni degli studenti presenti abbiamo ragionato su come le nostre città, Roma in particolare, sia stata pensata più per le macchine che per l’uomo. Non concepire spazi pubblici da condividere non fa altro che creare periferie dove ad imperare è il traffico di mezzi e non di persone. Ho portato l’esempio della biblioteca, quella nazionale a Roma si trova a Castro Pretorio, per entrarvi c’è bisogno di una lunga procedura e una volta dentro è possibile consultare un massimo di due testi. Nelle grandi città del mondo le biblioteche si trovano nei luoghi più frequentati, sono aperte 24 ore su 24 e si possono consultare o prendere in prestito un numero infinito di testi. Sembra assurdo ma questo fa tutta la differenza del mondo per un ragazzo universitario voglioso di approfondire e ricercare anche durante il percorso accademico”.
Dott.ssa Cosmi, quello che ha appena elencato può essere uno degli elementi che impedisce al nostro paese di essere attrattivo per gli studenti stranieri?
“Può essere sicuramente un motivo che scoraggia un giovane studente straniero a venire da noi per formarsi. Io faccio sempre un esempio molto calzante: pensate ai cinesi, da soli sono in grado di sostentare praticamente l’intero sistema universitario britannico, per loro andare a studiare in Inghilterra è un passaggio obbligato della loro carriera professionale, allo stesso modo gli indiani. Noi non riusciamo a strutturarci per questo, eppure abbiamo aree di interesse dove non abbiamo eguali al mondo e penso all’architettura, alla conservazione dei beni culturali, alla storia dell’arte e via dicendo”.
Una delle sue aree di interesse riguarda il mondo del lavoro e la sua inaccessibilità per i giovani, neo laureati e non. C’è una chiave di lettura sociologica che giustifica questa immobilità sociale?
“I bambini di oggi sono iper tutelati dalle famiglie, protetti a tal punto da renderli più deboli, meno responsabili e maggiormente vulnerabili. Oggi durante la lezione abbiamo citato un passaggio del libro Cuore particolarmente esemplificativo a riguardo: i bambini, sin da piccoli, vanno responsabilizzati per condurli successivamente nel mondo dei grandi con un carico di esperienze e di competenze che o si acquisiscono in giovane età o non ne disporranno più. Il processo di crescita e quello di formazione di un giovane passano obbligatoriamente per un percorso di responsabilizzazione”.