Il Rapporto Istat 2016 si pone l’obiettivo di scattare un fotogramma che includa vizi e virtù di un paese, l’Italia, che si trova a dover commentare un segno più accanto al suo Pil non potendo evitare di elencare una serie di criticità ancora prioritarie per un paese flagellato da 8 anni di crisi economica. I giovani italiani (42,6%) immaginano la propria vita al di fuori dei confini nazionali e i loro coetanei stranieri non sono da meno, sognando un futuro professionale all’estero. Anche la laurea ha perso appeal mentre chi dimostra di credere nell’over education, vede ridursi al lumicino le possibilità di trovare un’occupazione commisurata alle qualifiche ottenute negli anni della formazione.
Tra i giovani inoltre è più diffuso il part time, soprattutto involontario (77,5% dei part timer giovani, contro il 57,2% degli adulti), “ad indicare un’ampia disponibilità di lavoro in termini di orario che rimane insoddisfatta”. In Italia il titolo di studio dei genitori è particolarmente discriminante e significativo: gli individui che a 14 anni avevano almeno un genitore con istruzione universitaria o secondaria superiore dispongono di un reddito del 29 e del 26 per cento più elevato rispetto a chi aveva i genitori con un livello di istruzione basso.
Una crescita a due velocità che crea disuguaglianza cronica in virtù di un ascensore sociale praticamente bloccato. Ad esprimersi sulla questione è il Prof. Carlo Drago, titolare della cattedra di Probabilità statistiche presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università N. Cusano:
“Ci troviamo a commentare un dato che riguarda una crescita che non risolve molte delle situazioni occupazionali legate anche a dinamiche del passato. C’è un incremento, e questo è vero, che però non ha la forza di smuovere i dati relativi ad un aumento dell’occupazione giovanile. Di contro, nel rapporto Istat si intravede la presenza di una questione generazionale, di uno squilibrio sempre più marcato tra i più anziani che lavorano e producono e i più giovani, fermi al palo o invischiati in quel settore del lavoro sommerso dal quale è difficilissimo tirarsi fuori. Non ci si può stupire se ci trova costretti a commentare il fenomeno della fuga dei cervelli, anche perché ad oggi non si tratta solo di cervelli ma anche di giovani diplomati che tentano la fortuna al di fuori dell’Italia”.
“Uno degli aspetti che mi ha maggiormente colpito di questo Rapporto Istat 2016 riguarda la mobilità sociale. Nel nostro Paese è ferma da tempo ma a leggere i dati dell’Istituto ci avviamo verso una vera e propria “immobilità sociale” che spinge i nostri giovani ad investire sull’alta formazione senza ricevere nulla in cambio. I ragazzi studiano, si formano, acquisiscono competenze e si strutturano come ottimi professionisti che restano, di fatto, senza mercato, perché il mercato del lavoro in Italia non è in grado di recepire ed assorbire queste competenze. La conseguenza è un divario sociale in continuo aumento che l’istruzione non riesce a colmare”.
Disuguaglianza in aumento con ascensore sociale bloccato. In vent’anni, dal 1990 al 2010, la diseguaglianza nella distribuzione del reddito ha subito la maggiore divaricazione tra i Paesi che la misurano (utilizzando l’indice di Gini sui redditi individuali lordi da lavoro): da 0,40 a 0,51.