Non lo avrebbe voluto mai un elogio pubblico. Tanto meno un elogio funebre ma c’è una ragione se forzo la mano. Gian Maria Testa non era un mio amico né una persona che girava nella mia vita ma nelle mie vene sì e, per quelle strade, si arriva facilmente al cuore.
E così l’ho scoperto per caso come nome, anni fa, in quella Parigi che frequentavo per gli intrecci amorosi di mio padre e, nel tempo, l’ho scoperto anche come artista. Un tipo silenzioso che silenziosamente rivoluzionava l’Italia. Perché cantava di chi non aveva voce (almeno quella forte) e lo faceva, sussurrando, oltre le Alpi. Da noi, pensate un po’, in pochi guru della discografia s’erano resi conto non tanto del suo talento ma proprio della sua esistenza.
Sono certo che a Gian Maria andava bene così. A me no. Mi fa bruciare di rabbia.
Gian Maria, scusami se parlo di te a tanti e se ti metto dentro a cose che non avresti amato ma la ragione per cui lo faccio è che non sei solo un uomo. Per chi vive come noi, e cioè scrivendo canzoni, sei un simbolo. Lo eri già quando riempivi l’Olympia mentre i “talentini” di turno da noi passavano veloci come inutili doppioni di figurine e lo sei anche adesso che una brutta malattia ha accesso su di te, e tuo malgrado, i riflettori.
Il privilegio di essere colleghi (con tutto il rispetto di una proporzione che racconta di Giotto messo accanto ad un bimbo che scarabocchia coi pennarelli) è che, senza volere, mi sono intrecciato alla tua famiglia e, di riflesso, un po’ anche alla tua vita. Ed ora che ho visto come vivevate, non posso non tenere a mente la grazia di certe esistenze. Non posso fare a meno di provare ad imitarle.
In “Polvere di gesso”, una canzone che ho sempre adorato, canti “perché non è il tempo che mi manca e nemmeno l’età”.
E infatti non hai mai avuto il problema di “scadere” come il burro, con buona pace di quei discografici che mettono etichette a quel che non comprendono e quindi a tutto.
E infatti non hai più problemi di tempo ora che la tua musica può arrivare, con quella calma che hai sempre tutelato in questi anni terreni, in un paese che non potrà più evitare la tua arte.
“Vi prego, non urlate… non riesco a suonare così. Io non sono un urlatore”
POLVERE DI GESSO – GIAN MARIA TESTA