Al centro di dibattiti e polemiche, l’istituzione familiare vive un periodo di profonda messa in discussione dei propri capisaldi. Da un lato chi vorrebbe estendere i suoi confini; dall’altro chi li vorrebbe lasciare immutati ed immutabili.

Non è però la prima volta che la famiglia vede la propria impalcatura di valori sconvolta. Già negli anni Sessanta e Settanta, infatti, le trasformazioni sociali e legislative – dalla legge sul divorzio del 1970 alla Riforma del Diritto di Famiglia del 1975 – la costrinsero a rivedere radicalmente i ruoli al suo interno, ampliando la centralità di moglie e figli nell’alveo di una struttura fino a quel momento rigidamente patriarcale.

Cambiamenti che la cinematografia italiana aveva auspicato alla vigilia del Sessantotto. Bernardo Bertolucci e Marco Bellocchio, con “Prima della rivoluzione” e “I pugni in tasca”, usciti rispettivamente nel 1964 e nel 1965, restituivano infatti l’immagine di un microcosmo familiare disfunzionale e opprimente, matrice dell’insofferenza di figli che, come Sandro, protagonista della pellicola di Bellocchio, arrivavano ad ipotizzarne la distruzione fisica.

Anche i registi contemporanei, di fronte ai recenti turbamenti patiti dall’istituzione, ne hanno fornito una rappresentazione critica, incentrata sulle sue fragilità e instabilità.

Gabriele Muccino, con “L’ultimo bacio” (2001) e il successivo “Ricordati di me” (2003), passa in rassegna forme diverse di relazioni di coppia, dipingendo un ritratto del matrimonio come tomba dei sogni e luogo d’isteria e nevrosi, nel quale la serenità è un’utopia irrealizzabile. Allarga il proprio sguardo Alessandro D’Alatri che in “Casomai” (2002) si sofferma sull’influenza esercitata da amici e parenti sul nucleo familiare. Dubbi, disagio e paure, sono il risultato di tali interferenze, che possono arrivare a corrodere le fondamenta di un’unione che sembra aver perso, nella società contemporanea, frammentata e frenetica, la stabilità della propria intimità. Un’intimità violata, ovviamente, anche da traumi di carattere globale come la crisi economica del 2008 che colpisce la coppia formata da Valerio Mastandrea e Barbora Bobulova ne “Gli equilibristi” (2012) di Ivano De Matteo. Nella pellicola, un fatto doloroso e privato – il tradimento e la conseguente separazione di due coniugi – è inasprito dalla frustrazione e dal rancore provocati dal baratro finanziario.

Le dinamiche familiari nel cinema del Bel Paese riflettono dunque un panorama sociale confuso e frastagliato. Una confusione che tuttavia è sinonimo delle trasformazioni in atto, caratterizzate dalla moltiplicazione dei modelli possibili di ‘famiglia’ (monoparentale, omoparentale, famiglie allargate, ecc.): esse confermano il ruolo ancora cruciale ricoperto da tale istituzione, che resta un punto di riferimento e di riparo di fronte alle complessità della vita quotidiana, tra precarietà sul lavoro e incertezze sul futuro.