ILFOLLE – Eh sì. Essere rock alla fine è un fattore di anima non tanto musicale e Vasco e Mino sono più simili di quanto si possa pensare. Hanno vissuto l’emarginazione sulla propria pelle, sono figli dello stesso disagio combattuto a suon di musica. Con Vasco ho imparato a credere nei sogni anche se questi possano avere un prezzo molto alto, mentre da Mino ho imparato l’umiltà, la voglia di dar sfogo ai propri mali non perdendo mai la speranza. Ecco, questi sono elementi rock, un filo sottile che li unisce.
ILFOLLE – Potrebbe essere. Io penso che spesso oggi i rapper sono esaltati in modo assurdo perché raccontano la realtà di provincia, il fatto é che Mino raccontava la provincia già quarant’anni fa, ma non é mai stato preso sul serio perché usava la melodia prettamente italiana, il compito che mi sono prefissato è proprio questo: far crollare alcuni stereotipi su Mino Reitano.
ILFOLLE – Perchè purtroppo i media hanno cercato ad un certo punto di esaltare sempre di più il personaggio a discapito dell’artista. In questo modo oggi un giovane non capisce il vero valore dell’arte di Mino, però qualcosa sta cambiando, canzoni come Liverpool addio, Una ragione di più, vengono sempre più cantate nelle trasmissioni tv, nelle gare dei talent, insomma, meglio tardi che mai!
“Resta qui”, oltre ad essere una canzone inedita da te cantata, è una speranza o un ordine dettato da una figlia che forse è meno fragile di suo padre?
GRAZIA – É una vera e propria speranza, la speranza di un ricordo, di un dolce riabbraccio non fisico ma mentale, quello più importante. Era proprio papà che dava forza a me anzi, é sempre lui, e adesso con più forza, a darmi sempre energia per andare avanti. Lui c’è sempre, non è mai andato via e con Resta qui lo canto con tutto il trasporto possibile.
Tuo padre era polistrumentista, scriveva per gente come la Vanoni ed ha ricevuto il plauso di Sinatra. Cosa gli mancava per essere accettato dai quei salotti mediatici dove poltriscono anche artisti meno validi di lui?
GRAZIA – Forse papà aveva “troppo” per stare in quei salotti. Già, perché lui non fingeva mai, era sempre se stesso in ogni contesto, e per stare nei salottini devi imparare a fingere. La sua sincerità, la sua onestà e la sua grande autoironia, a volte intimoriva i grandi ‘abitanti’ di quegli ambienti, ma a papà tutto questo é sempre importato poco: lui era tanto amato da tanta gente che ancora oggi lo ricorda con grande amore.
Cosa ti ha lasciato tuo padre come figlia lo sai di certo. Ti sei mai chiesto cosa vorresti che lui lasciasse come artista al nostro paese?
GRAZIA – Sono sicura che papà ha lasciato a tanti di noi la sua grandezza artistica con pezzi memorabili che solo adesso si stanno riscoprendo appieno. A me tocca prenderne l’eredità e ho lavorato per tanto tempo con il mio manager Dino Vitola, per poter portare avanti un mio discorso artistico indipendente. Sono pronta a portare in alto il nome di papà, a modo mio.