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Foreign Fighters, dal welfare all’Isis il passo è breve

“Chi vive nel Nord Europa ha più probabilità di diventare un foreign fighters di quante ne abbia un correligionario suo che vive in Egitto o in Tunisia e questo è preoccupante”. Lo ha detto il Prof. Paolo Quercia del Cemiss (Centro Militare di Studi Strategici) ai microfoni della trasmissione “Il mondo è piccolo”, condotta da Fabio Stefanelli su Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano (www.unicusano.it).

“Analizzando i dati ufficiali –ha spiegato Quercia-, la prima considerazione che emerge è che il jihad, sotto la bandiera dell’Isis, non può essere considerata un fenomeno nuovo. Ma nello Stato Islamico c’è qualcosa di diverso rispetto agli altri gruppi estremisti, prima su tutti la quantità di foreign fighters, ovvero di persone che vanno a combattere con l’Isis arrivando dall’estero. Anche in passato c’erano stati, ma adesso il loro numero è aumentato in maniera molto rilevante. Il peso dei combattenti stranieri sul totale dei combattenti dell’Isis è altissimo, si arriva addirittura a decine di migliaia in pochi anni di confilitto. Fino ad un terzo dei combattenti sono stranieri e molti sono cittadini europei, cioè vengono da Paesi dove l’Islam rappresenta una minoranza. Non c’era mai stato un contributo europeo così rilevante. Questo aspetto è estremamente preoccupante, perché poi il foreign fighters rientra nel suo paese d’origine. E’ una persona che va a combattere per un’ideologia globale, che quindi non ha un luogo preciso. Oggi si combatte in Siria, domani in Iraq, dopodomani in un altro teatro e teniamo presente che il teatro potrebbe anche essere il nostro Paese”.

“Il foreign fighters -ha aggiunto Quercia- è l’anello di contatto tra il radicale estremo e il terrorista. Gli occidentali che vanno a combattere possono anche essere indottrinati e addestrati, per poi farli ritornare in Europa come terroristi. Essendo cittadini europei, è quasi impossibile evitare che ritornino. Il numero di foreign fighters in Europa, se rapportato non alla totalità della popolazione ma ai professanti islamici, è davvero molto alto. Chi vive nel Nord Europa ha più probabilità di diventare un foreign fighters di quante ne abbia un suo correligionario che vive in Egitto o in Tunisia e questo è preoccupante. Le cause potrebbero essere rintracciate nello scontro tra diverse culture e nel fallimento di alcuni modelli di integrazione, che ovviamente non vengono sperimentati a Il Cairo, ma a Goteborg, dove la qualità della vita e il welfare sono ad un livello altissimo. Qualcuno ha detto che dal welfare al Califfato il passo è molto più breve rispetto ad altri modelli sociali e forse c’è del vero”.

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Radio Cusano Campus

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