#Escile, la sfida goliardica a colpi di selfie hot che ha preso le mosse dal confronto tra l’Università Bicocca e la Statale di Milano, in pochi giorni si è diffusa a macchia d’olio trovando seguito negli scatti delle studentesse di decine di atenei italiani. Sponsorizzare la propria università postando istantanee che ritraggono decolté o glutei griffati con gli acronimi più disparati: UniMi, UniCas, UniMib e via discorrendo. Le pagine Spotted dei relativi atenei sono state inondate di seni e terga, tutti velatamente mostrati ma anche particolarmente inopportuni, almeno per Bruna Maddaloni, studentessa laureanda in Giurisprudenza all’Università di Cassino che ha voluto partecipare a modo suo all’iniziativa e lo ha raccontato ai microfoni di Open Day, sugli 89.100 FM di Radio Cusano Campus.
“Ho appreso dell’iniziativa dalle pagine di un giornale locale, dunque, a differenza dei più, dalla carta stampata e non dai social network. La mia prima reazione è stata quella di fotografarmi con la scritta “UniCas” sulla fronte, per invitare le ragazze a far uscire il cervello e non altro. Poi, da aspirante avvocato, ho colto l’aspetto più triste della vicenda, la mercificazione del corpo femminile con l’unico fine di soddisfare il proprio esibizionismo. Queste ragazze sviliscono il loro corpo e minano la credibilità degli atenei. Ritengo che anche il silenzio del MIUR e del Ministero delle Pari Opportunità possa essere considerato colpevole”.
“La rabbia che ho provato mi ha spinta a chiedere consigli e consulenze ad alcuni avvocati circa la possibilità di procedere con una richiesta di risarcimento danni o, addirittura, una class action. Sto vagliando ancora entrambe le possibilità ma al di là del valore morale della mia battaglia, sono consapevole possa trattarsi di un vicolo cieco e, soprattutto, di una questione delicata che richiederebbe molto impegno. Io sto per laurearmi e il consiglio che ho ricevuto è proprio questo: prima di tutto consegui il titolo. Se mi fosse possibile rilanciare io stessa un’iniziativa, questa volta culturale, userei l’hastag #uscitele, per non dover censurare mai più un’opera d’arte, come successo in questi giorni a Roma in occasione della visita del leader iraniano Rouhani. Quei nudi ci avevano messo la faccia, non solo il decolté”.