Quando chiami Dario Fo per chiedergli un’intervista resti sempre sorpreso dalla sua disponibilità e dalla cordialità con cui ti risponde. Come se avesse a che fare con un amico lontano che non sente da tempo. Gioviale, allegro, lucidissimo, quando parla delle proprie fatiche ci mette l’anima. E ovviamente, nel commentare “Razza di Zingaro”, il suo ultimo libro, edito da chiarelettere, non poteva che fare altrettanto.
Razza di Zingaro è un libro a cui Dario Fo tiene particolarmente. racconta la storia di JohannTrollman, pugile zingaro, fuoriclasse emarginato prima e assassinato poi dalla follia della Germania nazista: “Ho deciso di raccontare la storia di questo grandissimo atleta grazie alla soffiata di un germanista, di uno che studia questa lingua e che conosce le opere antiche e nuove. Grazie a questo amico ho conosciuto questa storia, che mi ha letteralmente sconvolto, anche perché a distanza di tanti anni da quanto accaduto nessuno ha mai scritto niente di noto su questo pugile”.
Dario Fo quando parla di “Razza di Zingaro”; il suo ultimo libro edito da Chiarelettere, ci mette il cuore: “Ho scritto la storia di Trollman rimanendo sconvolto a mia volta perché saltava fuori un personaggio improbabile, entusiasmante, un personaggio che amava la boxe non per menare, picchiare, distruggere un avversario, ma semplicemente per divertirsi e divertire il pubblico. Trollman era la sintesi perfetta tra l’arte e lo sport. Viveva per il divertimento, per il gioco, l’improvvisazione e lo stupore che riusciva a regalare al pubblico. Le donne, ad esempio, impazzivano per lui. Trollman giocava con la gestualità, la ritmica, la danza. E tant’è che avendo capito, i procuratori tedeschi che gestivano la boxe, che la sua danza era un modo per prendere di sorpresa l’avversario, giel’hanno vietata, imponendogli la regola dello stare fermo al centro del ring”.
Razza di Zingaro, il nuovo romanzo di Dario Fo edito da Chiarelettere, è sicuramente un libro da leggere. Per chi ama la boxe ma non solo. E la fine, tragica, di Trollman, è un inno alla libertà. Perché lui, come lo stesso Dario Fo ama ripetere, fece una scelta. Meglio morto e degno, che vivo senza dignità.