Depenalizzare il reato di immigrazione clandestina. Se ne parla in questi giorni in Italia. Chissà cosa ne pensa Gianfranco Fini, ex presidente della Camera, intervenuto questa mattina ai microfoni di Radio Cusano Campus, l’emittente dell’Università degli Studi Niccolò Cusano.
Sulla riforma costituzionale, Fini pare scettico: “Va valutata insieme ad altre iniziative del Governo, in primo luogo la legge elettorale. E’ giusto superare il bicameralismo paritario, ma si deve discutere sul modo in cui il Governo lo fa. Il Senato delle autonomie non ha eguali in Europa e molti costituzionalisti lo giudicano un pasticcio. La legge elettorale che assegna un forte premio di maggioranza alla Camera, poi, fa sì che chi dovesse vincere le elezioni finirebbe per ipotecare tutti i ruoli istituzionali di controllo della Repubblica. C’è un rischio di autoritarismo in Italia”.
Sulle Unione Civili, la posizione di Fini è moderata: “Si tratta di capirsi bene su cosa si intende. Se si vuole istituire un registro di quelle unioni tra persone del medesimo genere non ci trovo nulla di scandaloso, siamo uno dei pochissimi Paesi europei che non regola da un punto di vista giuridico la condizione di due persone che convivono. L’unione tra persone del medesimo genere comporta una serie di diritti e doveri che vanno regolati. Non c’è niente di scandaloso in questo. Il problema si pone unicamente per le adozioni e soprattutto per la stepchild adoption, vale a dire la possibilità per il partner di riconoscere il figlio naturale dell’altro soggetto e non perché questo possa aprire la porta alla pratica dell’utero in affitto, che è vietato, ma perché si tratterebbe di una misura che porrebbe il problema della genitorialità. Su questo tema bisognerebbe lasciare ai parlamentari piena libertà di scelta senza vincoli di partito. Sarebbe opportuno, forse, sperimentare la via dell’affido rinforzato”.
Sulla depenalizzazione del reato di immigrazione clandestina, introdotto proprio dalla legge Bossi-Fini: “Si fa tanto rumore per nulla. Anche il Governo si è reso conto che sarebbe controproducente depenalizzare un reato che tanti altri Paesi considerano tale, soprattutto in questo periodo. Va ricordato che con la legge vigente il reato di immigrazione clandestina è un reato penale, ma nessuno finisce in carcere per questo. Si viene condannati ad una sanzione amministrativa che non viene quasi mai pagata, ma che rappresenta un deterrente. Alfano ha detto che questa legge non funzionò? Non ha torto, nel senso che non si può dire che l’introduzione del reato abbia avuto un effetto salvifico, ma certamente è un deterrente, al di là del risultato effettivo. Molto spesso quando si parla dell’espulsione del clandestino, poi, si dice una cosa giustissima ma molto complicata da praticare. Se mi aspettavo una maggiore efficacia giuridica da questa legge? No, perché i timori avanzati nei confronti di questa norma, che sostanzialmente non raggiunge l’obiettivo, erano presenti anche quando si discusse dell’introduzione nella Bossi-Fini del reato di immigrazione clandestina, anche perché nel testo iniziale non era prevista, fu poi voluta da Maroni. Non ne disconosco la paternità perché non ce l’ho, il testo iniziale non prevedeva questa fattispecie di reato. Nessun clandestino comunque finisce in carcere“.