Gli analisti di geopolitica Nima Baheli, Eleonora Ardemagni e l’Ambasciatore Giulio Terzi hanno analizzato lo scontro in atto tra Iran e Arabia Saudita, ai microfoni della trasmissione “Il mondo è piccolo”, condotta da Fabio Stefanelli su Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano (www.unicusano.it).
“Superficiale dire che la guerra in Medio Oriente è un conflitto tutto interno all’Islam tra Sciiti e Sunniti -ha affermato Nima Baheli-. A mio parere questo conflitto deriva dal fatto che le strutture statuali di quella regione, a seguito degli interventi statunitensi, sono andate man mano degradandosi. Si è creato uno scontro egemonico tra le due potenze regionali Iran e Arabia Saudita. La vedo come una guerra geopolitica, finalizzata a riempire quei vuoti di potere che si sono creati in quell’area. In questo conflitto hanno il loro peso anche Turchia e Qatar”.
Dello stesso avviso la Dott.ssa Eleonora Ardemagni. “Le differenze settarie di confessione tra Sciiti e Sunniti vengono strumentalizzate dalla politica per fini di potere, di egemonia –ha affermato Ardemagni-. Al Nimr, giustiziato in Arabia Saudita, era un oppositore interno dei sauditi. E’ stato accusato di settarismo da Rihad, è stato accusato di essere un infiltrato iraniano, perché l’Arabia Saudita persegue questa politica di voler mischiare chi critica la monarchia con i nemici esterni, agli occhi dell’opinione pubblica. L’Arabia Saudita addita gli Sciiti che vivono nella penisola arabica, nell’Arabia Saudita, in Bahrein, come non arabi e al servizio del nemico iraniano. Questo è un gioco politico che serve a delegittimare le loro richieste che sono spesso rivendicazioni economiche e sociali, dato che vivono in condizioni di emarginazione rispetto ai Sunniti. Anche la riunione che ci sarà domenica della Lega araba è stata convocata per discutere dell’ingerenza iraniana negli affari arabi. Una questione di opposizione interna è stata trasformata dal potere in una vicenda di respiro regionale”.
“In questo momento gli Usa sono in grande difficoltà ad impostare una politica regionale sul Medio Oriente –ha aggiunto Ardemagni-. Obama ha tentato di riequilibrare i rapporti di forza nel Golfo tra Arabia Saudita e Iran. Aprendo all’Iran, negoziando l’accordo sul nucleare, ha scontentato molto l’Arabia Saudita, ha creato ancora più diffidenza nel rapporto tra sauditi e statunitensi. Oggi Washington fa sempre più fatica a trovare degli alleati in Medio Oriente. Ci sono le monarchie del Golfo e Israele che sono alleate degli Usa, ma i rapporti con Netanyahu sono sempre tesi. Rapporto complicato anche con la Turchia. Aver voluto bilanciare i rapporti di forza nel Golfo ha creato tante conseguenze, la prima di queste è che i sauditi continuano a spingere sull’acceleratore nei confronti dei loro vicini regionali”.
Le responsabilità degli Stati Uniti nella situazione in Medio Oriente sono evidenti anche secondo l’Ambasciatore Giulio Terzi. “C’è un vuoto di potere occidentale in Medio Oriente, in particolare vuoto di potere degli Stati Uniti -ha affermato Terzi-. Gli Usa sono stati un elemento di stabilità del Medio Oriente in alcuni casi, ma in altri, come nel caso dell’esperienza irachena, hanno compiuto un’opera di destabilizzazione. Tutto si è svolto nella convinzione che l’Iraq si sarebbe democratizzato facendo convivere al suo interno le componenti sciita, sunnita e cristiana, al governo di un paese tranquillo e pacificato. Non si è tenuto conto che la maggioranza della popolazione irachena era sciita e che gli sciiti iracheni non erano così diversi da quelli iraniani. Quindi, una volta caduto Saddam, è aumentato il potere iraniano, che ha cercato di allargare la sua influenza a tutto il mondo musulmano. Con l’accordo sul nucleare, che dà all’Iran una patente di rispettabilità internazionale, questo potenziamento del fattore iracheno si è ulteriormente moltiplicato proprio quando Obama ha lasciato la questione della stabilità del medio oriente in mano alle potenze regionali. Le due principali potenze regionali in quell’area, sono Arabia Saudita, sul versante sunnita, e Iran, sul versante sciita. Aver lasciato a questi due Paesi più spazio d’azione e aver presunto che potessero comportarsi l’uno nei confronti dell’altro in modo amichevole e collaborativo è stata una scelta non giusta e Obama viene molto criticato per questa scelta”.
“Da quando noi diamo per finita la guerra fredda tra Russia e Usa -ha aggiunto Terzi-, questo confronto all’interno fra sunniti e sciiti è uno scontro ciclopico perché non coinvolge solo Paesi molto importanti come Iran e Arabia Saudita. In questo confronto Putin, da grande statista e tattico qual è, ha ritenuto che fosse il momento ideale per la Russia per rientrare fortemente in campo come elemento di influenza nella regione. L’influenza della Russia è giocata tutta sull’alleanza con l’Iran e sull’erosione di quelli che sono i tradizionali spazi d’interesse occidentale”.
“Tra le 47 persone condannate a morte da parte dell’Arabia Saudita -ha spiegato Terzi parlando dell’esecuzione dell’Imam Al Nimr- 43 sono persone condannate per gli attentati di Al Qaeda di 10 anni fa. Di questi 41 sono saudiani, 1 ciadiano e 1 egiziano. Lo sciita Al Nimr non era un terrorista, ma era accusato di aver incitato la popolazione sciita a ribellarsi contro la dinastia reale saudita. Queste 47 esecuzioni volevano essere la manifestazione da parte di Rihad di un impegno a una lotta soprattutto contro il terrorismo sunnita dell’Isis. E per antagonizzare l’Iran è stato inserito lo sceicco Al Nimr tra i giustiziati. Qualche giorno prima Al Baghdadi per protestare contro gli attacchi della coalizione era venuto fuori con un’invettiva, attaccando e minacciando la famiglia reale saudita. E’ stato questo che ha fatto scattare la reazione così dura di eliminare estremisti sunniti che stavano in carcere da 10 anni. Ciò che è avvenuto dimostra che sta prendendo ancor più visibilità il confronto tra il retroterra religioso e culturale che sta dietro a queste due potenze regionali (Iran e Arabia Saudita), nell’antagonismo sunnita-sciita”.
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