E’ tornato il Natale a Roma. Lo penso ogni volta che arrivo nel campus dell’Università Niccolò Cusano, in Via Don Carlo Gnocchi 3 a Roma e mentre preparo la trasmissione radiofonica che ho l’onore di condurre ogni mattina vengo praticamente ipnotizzato dagli addobbi natalizi che rendono magica l’atmosfera di questo Ateneo.
Ecco, mi piacerebbe che, almeno per Natale, l’atmosfera che si respira qui possa essere estesa ad ogni vicolo di Roma.
Riportiamolo il Natale in questa città. Ognuno facendo nel proprio piccolo qualcosa di importante.
Accendiamo una luce in più, addobbiamo un terrazzo, un androne, il pianerottolo dell’appartamento in cui abitiamo, chi ha un negozio investa po’ del suo tempo nel cercare di abbellirlo, almeno per qualche giorno, torni bambino e regali ai suoi clienti e ai suoi dipendenti la possibilità di fare altrettanto.
Almeno a Natale, cerchiamo di allontanarci dal basso profilo in cui qualcuno ha stabilito di farci vivere. Le luci di Natale, quell’atmosfera di festa che evocano da sempre, rappresentano gli echi di una fanciullezza che dobbiamo in ogni modo cercare di risvegliare all’interno del nostro cuore.
Perché il bambino che è in noi va alimentato, perché la bellezza chiama bellezza, la gioia porta gioia e, soprattutto a Natale, bisogna prendersi cura anche del proprio sguardo. Farlo posare su un qualcosa di gradevole. Di godibile. Di meraviglioso.
Il bambino che un tempo eravamo continua a sopravvivere all’interno della nostra corazza da adulti. Che ci piaccia o no, per usare le parole di W.Hugh Missildine, siamo simultaneamente il bambino che siamo stati, che vive nell’atmosfera emotiva del passato, e spesso interferisce nel presente, e un adulto che cerca di dimenticare il passato e di vivere totalmente nel presente.
Il bambino che siamo stati viaggia con noi in ogni ambito e aspetto della nostra esistenza. E’ parte della nostra esistenza. E’ esso stesso la nostra esistenza. Per questo, a volte, dobbiamo ascoltarlo. E questo vale sempre, ma ancora di più a Natale.