L’arma del terrorismo è la distribuzione dell’angoscia, ha scritto Zygmunt Bauman. Mai come in queste ore possiamo notare quanto avesse ragione. Esiste solo un modo per non piegarsi, per non abbassare la testa, per non volgere altrove lo sguardo: vivere.
Vivere è l’unico modo che conosco per sconfiggere il terrore. La vulnerabilità e la paura devono essere spazzate via dal gusto per la bellezza, dall’amore per la vita, per quegli attimi che rendono un’esistenza degna di essere vissuta.
Vivere è l’unico modo che conosco per sconfiggere il terrore. Un caffè in un bar del centro, un bicchiere di vino, una passeggiata con la famiglia, la propria compagna, i propri amici. Vivere apprezzando ogni attimo, quegli attimi che sembrano scontati ma che invece vanno assaporati dal primo all’ultimo istante.
Vivere è l’unico modo che conosco per sconfiggere il terrore. Uno spettacolo a teatro, una partita allo stadio, un concerto, un film al cinema, tutte quelle cose che sembrano normali, ma che fanno la differenza tra una vita trascinata e una vita vissuta.
Tom Clancy ha utilizzato una espressione che mi trova particolarmente d’accordo. Ha detto: “Il terrorismo è prima di tutto un atto politico, esso cerca di provocare un effetto politico. Se a causa sua, noi cambiamo la nostra società, esso è vincente. Vinceremo i terroristi soltanto vivendo come vogliamo noi, e non come vogliono loro”.
La vera sfida al terrore, che può essere vinta, perché se il terrore non esiste nel mondo ideale, potrebbe non esistere anche nel modo reale, non si porta avanti distruggendo ancora di più le città e i villaggi devastati dell’Iraq o della Siria, ma eliminando i debiti dei Paesi poveri, aprendo i nostri floridi mercati ai prodotti di base di questi paesi, investendo sull’istruzione per i 115 milioni di bambini attualmente privi di qualsiasi accesso alla cultura e conquistando, deliberando e attuando altri provvedimenti simili.
La globalizzazione portata avanti esclusivamente a partire dagli interessi economici dell’Occidente rischia di dare al terrore un’ulteriore spinta. E il nostro tempo sarà il tempo del terrore se non introdurremo nel processo di globalizzazione, oltre a quello economico, altri criteri, come l’autodeterminazione dei popoli, la possibilità di darvi libero accesso a cultura e istruzione, accesso all’acqua, al cibo e alle medicine per la loro sete, la loro fame, le loro malattie e, insomma, un domani per chi non vede futuro alle condizioni poste da noi occidentali.
Perché mentre tutti ricordano le previsioni di Oriana Fallaci, a me piace citare anche un pezzo di una missiva con cui Tiziano Terzani rispose all’Oriana, scrivendo: “Il problema del terrorismo non si risolverà uccidendo i terroristi, ma eliminando le ragioni che li rendono tali”.