Abitudini alimentari scorrette, comportamenti a rischio e intensa vita digitale. Questi in sintesi i risultati dell’indagine promossa dalla Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica e dall’Istituto Superiore di Sanità. Ne ha parlato la Prof.ssa Maria Luisa Di Pietro dell’ Università Cattolica del Sacro Cuore, intervenuta ai microfoni di Radio Cusano Campus (la radio dell’Università Niccolò Cusano in onda sugli 89.100 Fm a Roma e Nel Lazio e in streaming audio tramite il sito ) durante la diretta di Genetica Oggi.
Prof.ssa Di Pietro “rimandati” in stili di vita gli studenti universitari Italiani?
Possiamo dire di aver evidenziato alcuni stili di vita non corretti. Abbiamo un buon ordito su cui continuare a tessere la trama e quindi poter aiutare gli studenti a modificare quei comportamenti che potrebbero essere di danno per la loro vita e la loro salute.
Studenti particolarmente disattenti all’alimentazione. Le tante indicazioni che vengono date sul consumo di frutta e verdura non vengono recepite?
Sono indicazioni sempre valide che fanno parte della nostra cultura alimentare, quella della dieta mediterranea dove frutta e verdura giocano un ruolo molto importante. Quello che abbiamo rilevato è che 4 studenti su 10 non consumano i cinque pasti al giorno e non fanno quasi mai colazione la mattina. Un dato fondamentale è che quando si studia c’è bisogno mantenere un livello glicemico e di attenzione costante che può essere garantito proprio con i cinque pasti e con il consumo di frutta e verdura. Il trovarsi fuori dal contesto familiare, come avviene per molti studenti, favorisce poi una certa disattenzione alla propria alimentazione.
Le donne risultano però più attente degli uomini
Da parte delle donne c’è una maggiore attenzione verso la salute e verso la propria vita. Probabilmente questo si spiega grazie a quella ricerca di benessere che è più diffuso fra le donne che fra gli uomini.
Entrambi i sessi risultano al limite della dipendenza da smartphone, internet e nuove tecnologie. C’era da aspettarselo.
C’era da aspettarselo anche se questo non significa che vada bene. Il problema che si presenta è che non usiamo più degli strumenti ma siamo utilizzati dagli strumenti. Ben venga la tecnologia nel momento in cui, come nel caso dello studio, permette di apprendere meglio e aiuta in modo significativo la qualità della didattica e il grado di istruzione. Purtroppo però se utilizzato in maniera diversa da questa può creare danno e dare una vera e propria dipendenza.
Risulta dal vostro studio quanto sia molto bassa l’attenzione sulla salute riproduttiva.
Siamo davanti una situazione dove abbiamo un incremento delle condizioni di difficoltà di concepimento, come i fattori economici per esempio. Dalle nostre domande è risultato però che non c’è un’attenzione relativa alla prevenzione primaria (visite, comportamenti, vaccini). Dobbiamo lavorare sui fattori che compromettono la salute riproduttiva ma che esulano dall’aspetto sociale.
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