Bisogna far pace col cervello. Non è facile perché per alcuni può essere una guerra più devastante del Vietnam. La polemica su Laura Pausini, quella più recente, riguarda il suo viaggio a Miami in cui ha invitato un bel po’ di giornalisti per assistere al lancio del suo album. Si mettono sul tavolo temi altisonanti come la fine della libertà di stampa, la mancanza di oggettività di un giornalista, i rapporti troppo stretti con certi artisti e le stranezze di chi agogna a diventare diva. Lo sfogo di questa polemica su Laura Pausini è di Marinella Venegoni, giornalista esclusa dalla spedizione e… un filino seccata (!!!).
Di base potrebbero anche essere giuste le osservazioni riportate su Dagospia qualche giorno fa sulla polemica legata a Laura Pausini. L’artista di Solarolo ha fatto una bella gita fuori porta con una vagonata di giornalisti in quel di Miami, regalando, di fatto, una vacanza da sogno a chi avrebbe dovuto scrivere di lei e del suo nuovo lavoro.
Forse non è il massimo esempio di libertà di stampa né di oggettivo distacco tra stampa e musica. Forse non è il top dell’eleganza. Ma è esattamente come è Laura Pausini, si tratta di un’azione volontaria fatta alla luce del sole.
Nessun giornalista è stato costretto a partire per l’America.
La polemica prende fuoco sulle pagine di Marinella Venegoni, non invitata perché poco gradita. Scrive cose negative sul tour e, quindi, chi paga la trasferta a stelle e strisce non reputa necessaria la sua presenza. Un discorso economicamente ineccepibile. E moralmente?
Non è possibile entrare in questo ambito perché la critica musicale come è esistita prima dei social è ormai completamente attaccabile da ogni lato.
Si tratta di persone, magari colte e magari oneste, ma che di fatto esprimono un giudizio che, nonostante loro sperino sia di più, è sempre e solo un giudizio. Per l’altro, la parte umana è difficile da sradicare in ognuno di noi (per fortuna) per cui è complesso trovare articoli in cui, anche solo sotto traccia, non trapelino simpatie o antipatie per l’artista o per la casa discografica che lo propone. La stessa “difesa” (ma in fondo era un attacco?) della Venegoni racconta di come, negli anni, abbia cercato di aiutare la Pausini a crescere evidenziando, quindi, un legame che altre ragazze prodotte ora non potrebbero vantare. E non solo. Per non cadere nello stesso errore, però, è meglio non aggiungere altro ma limitarsi a riportare uno stralcio letterale dell’articolo sulla polemica legata a Laura Pausini. questo è quel che scrive in proposito Marinella Venegoni:
“A me di Miami non importa granché perché ci vado fin troppo di mio. Noto solo che il Delano, su Collins e 22a (mi pare), dove sono ospitati i colleghi, costa una paccata di soldi. Io smentisco però che uno non possa sentirsi libero di scrivere se lo ospitano in un albergo così; ho molto viaggiato con gli artisti ma non mi sono mai sentita per questo obbligata. Però rilevo anche che negli ultimi anni è molto, molto difficile leggere pezzi di musica popolare con un taglio problematico, non esagero nemmeno a dire critico. Si è appiattito tutto dentro la marmellata della promozione, che è diventata un guaio non arginabile per la deriva che ha preso. Ricordo che secondo una ricerca del New York Times del 2014, ci sono ormai 4,8 addetti stampa per ogni giornalista, e la pressione può essere davvero pesante. Bisogna essere forti e determinati. Volendo, certo. Quel che invece mi preme dire è che Laura Pausini, quand’era una ragazza che scalava la gloria, ha avuto la fortuna di trovare in me e in Andrea Spinelli due professionisti che l’hanno seguita ma non in ginocchio, anzi. E hanno anche tentato di insegnarle molte cose degne che le sono state utili nel suo lavoro, anche se non troppo nelle opere. Poi, le avrà dimenticate. “