Chi?
Quasi tutti mi chiamano “Icio”, ma il mio nome è Maurizio e il mio cognome Caravita (cognome forte, che lascia spazio a diverse interpretazioni!). Ho studiato al conservatorio, scrivo canzoni e le canto ovunque me lo permettano, faccio il DJ, sono stato speaker radiofonico ai tempi delle radio libere e commesso in un “vero” negozio di dischi.  La musica, sotto varie forme, è la mia professione da sempre, ho tentato “necessariamente”, per alcuni periodi, di intraprendere mestieri diversi senza nessun esito positivo e duraturo. Senza gonfiarmi le tasche sono sempre tornato lì e lì rimango… nella musica.  Che cosa?
Avete presente quel disco dal vivo di Neil Young, “Live Rust”? Quello può essere un esempio di come sia influenzato il mio percorso musicale. Una prima parte acustica, con l’artista che si mette a nudo, riflettendo, e una seconda decisamente più rumorosa, dove sfoga e scarica tutta la sua energia. Il tutto mescolando l’essenza di un certo tipo di songwriting che in italiano definirei semplicemente “canzone d’autore”. Il mio primo lavoro ufficiale è intitolato “E’ così che va”, si rifà alla tradizione cantautorale italiana e tocca principalmente la mia parte acustica, più riflessiva e delicata; ma sotto la cenere cova comunque il mio animo rock, e non è detto che un giorno esca allo scoperto per finire in un disco.

Quando?
Da quando stavo in grembo! Mia madre suonava con un mangiadischi giallo i 45 giri dei Beatles, di Nada, De Andrè ecc. ecc. Mio padre era un batterista “beat” che amava l’Equipe 84, i Rokes, I Corvi e così via… Io, inevitabilmente, ho assorbito tutto e continuato a rigare i dischi di Mamma e picchiare i tamburi di Papà. Poi le scuole dell’obbligo, con il ricordo del profumo meraviglioso di un flauto dolce regalatomi in prima media, successivamente l’oratorio, la mia prima chitarra e “La canzone del sole”, poi il rigore e lo studio classico, e così via… insomma, niente di originale, ma tutte cose che evidentemente hanno lasciato il segno.

Dove?
Parte tutto dalla piatta provincia padana (da Ferrara per l’esattezza), luogo non facile come quasi tutte le province, del resto. Se nasci in luoghi come questi e decidi di fare della musica la tua professione non puoi fare altro che pensare di spostarti in una grande città, prima o poi, portando con te però un bagaglio di ricordi ed esperienze che si rileveranno fondamentali, soprattutto se ti piace scrivere. L’ho fatto… sono andato a cercar fortuna a Milano, dove tuttora vivo. E anche se “Milano non è l’America”, qualche passo avanti, imparando qualcosa in più, c’è stato.

Perché?
A questo punto del mio percorso, non posso immaginare la mia vita senza distrazioni continue a prendere appunti, incastrare parole e concetti, ricercare le giuste note per accompagnarli, ragionare su un ritornello o un incipit, accendere una radio, leggere di musica (e non solo), comprarla, diffonderla, promuoverla, cercare ispirazione e suonarla. E’ così che va!