Parlando di Stefano Cucchi in diretta, prima di chiudere il collegamento telefonico, la sorella, Ilaria, mi disse: “C’è il rischio prescrizione, ma stai sicuro che questa storia non finirà così. Presto ci saranno novità importanti, che ora non posso anticipare”.
Su Radio Cusano Campus l’amico e collega Matteo Torrioli conduce un programma dal nome emblematico: “Legge o giustizia”. Ecco, Stefano Cucchi è forse l’esempio massimo di come troppe volte questi due termini che in un mondo ideale dovrebbero andare di pari passo siano in realtà terribilmente dicotomici.
Stefano Cucchi è l’immagine della giustizia che attende la legge. E’ l’immagine di un caso che dovrebbe indignare, preoccupare, anzi terrorizzare ogni cittadino italiano. Perché se mai in vita mia mi capitasse di sbagliare o di avere problemi con la legge, meriterei di pagare il mio debito con la giustizia, ma non di morire. E non in quel modo.
Stefano Cucchi è l’emblema di un Paese che se vuole davvero ripartire e lasciarsi alle spalle anni decisamente bui deve iniziare a fare i conti con sé stesso. Anche se questi conti fanno paura. Fanno male. Costringono a prendere contatto con pagine orribili che però esistono e che quindi non possono essere cancellate.
Forse sono davvero in arrivo novità destinate a far finalmente luce sulla tragica morte di Stefano Cucchi, come mi raccontò quel giorno al telefono la sorella Ilaria. Forse c’è un militare che ha testimoniato il falso. Forse si può ancora sperare in una giustizia giusta. In una legge che tuteli tutti, anche i più deboli. Che forse sbagliano, sì. Ma che non si pestano da soli. Nè in ospedale, nè in una cella, nè in un’aula di tribunale.
Seguirò fino all’ultimo giorno la vicenda legata a Stefano Cucchi. E dovrebbero farlo tutti. Anche quelli che pensano “no, tanto a me non potrà mai capitare una cosa del genere”. Fino a quando non si farà piena luce su quanto accaduto, ognuno di noi rischia di essere il prossimo Stefano Cucchi. Con un nome e un passato diverso. Ma con lo stesso tragico destino.