In tanti lo sospettavano da tempo. Ora una ricerca pretende addirittura di dimostrarlo. Intelligenza e (un pizzico di) follia viaggiano di pari passo. Le persone con un quoziente intellettivo al di sopra della media, caratterizzate da elevata creatività e ottime abilità verbali, presentano una possibilità più marcata di andare incontro a un disturbo bipolare una volta arrivate a una certa età.

Ad evidenziare questa importante connessione tra intelligenza e disturbi dell’umore ci ha pensato una ricerca pubblicata sulla rivista British Journal of Psychiatry, portata avanti da ricercatori delle Università di Glasgow, Bristol, Cardiff e del Texas.

La ricerca ha analizzato nel dettaglio i dati dello studio di coorte ALSAP (Avon Longitudinal Study of Parents and Children), che ha elaborato informazioni su 14 mila famiglie inglesi per vent’anni, arrivando ad ottenere riscontri relativi a vari aspetti della loro salute fisica e mentale.

Analizzando  le informazioni in riferimento a un campione di 1881 ragazzi, gli studiosi  hanno notato una proporzionale incidenza tra il quoziente intellettivo misurato all’età di 8 anni e l’insorgere di disturbi dell’umore attorno all’età di 22-23 anni, associabili in particolar modo a un disturbo bipolare.

Soprattutto quelli che mostravano la maggior incidenza di episodi maniacali al raggiungimento di una certa età facevano registrare punteggi di QI migliori di almeno dieci punti rispetto alla media dei coetanei all’età di 8 anni, mettendo ancor più sotto la lente d’ingrandimento la possibile relazione tra le abilità intellettive e l’incidenza di disturbi maniaco-depressivi.

Una ricerca portata avanti un paio di mesi fa presso un istituto di Londra ha poi nuovamente evidenziato questa relazione tra intelligenza e pazzia,  sottolineando una probabile  base biologica condivisa tra le creatività umana e l’incidenza di malattie mentali, al pari del disturbo bipolare o della schizofrenia, comunemente nota come follia.

La ricerca condotta a Londra, prendendo in esame una serie di menti di persone ritenute “creative”,  con una intelligenza pronunciata, al pari di musicisti, artisti e scrittori,  ha maturato la convinzione che le loro probabilità di sviluppare un disturbo mentale nel corso dell’esistenza appare significativamente rispetto alla media, con ogni probabilità a causa di una condivisa base genetica che spesso si ritrova a mettere in relazione il genio e la pazzia.