Il genere musicale chiamato Grunge, ha rappresentato un ritorno delle masse giovanili al ribellismo culturale e sociale, dopo gli anestetici anni 80. Il gruppo che meglio ha incarnato questo manifesto musicale, sono sicuramente i Nirvana, che negli anni 90, fecero riscoprire la trasgressione violenta del punk e il carisma di un leader malinconico come Kurt Cobain.
Si chiama “Montage of Heck” il documentario dedicato all’artista che trasformava i suoi tormenti esistenziali in riff di chitarra che accompagnavano storie provenienti dalle periferie della società e dell’anima. Prodotto dalla figlia di Cobain, Frances Bean e diretto da Brett Morgen, il film da vita all’ennesimo tentativo di aprire le porte della vita professionale e personale del leader dei Nirvana. Cobain è stato l’unico dai tempi di Jim Morrison, ha ricreare attorno a se l’idolatria tipica del “divismo” rock, con momenti di misticismo che solo il re lucertola aveva saputo sviluppare nel panorama musciale. L’idolatria che terrorizzava lo stesso Cobain, che comunque il successo aveva cercato e conseguito, raccontando le sue paurose insicurezze, in cui i giovani della terra di mezzo, gli anni 90, avevano riversato tutto il loro smarrimento. L’odore di questi spiriti giovanili ispirava la prosa musicale e testuale dei Nirvana, ma il caos nella mente di Cobain nessuno saprà mai descriverla, neanche questo film.
“Non fare di me un idolo mi brucerò” (A tratti – Csi)