Borsellino e Falcone come la giudicherebbero questa antimafia da salotto? Me lo chiedo spesso. Soprattutto nei giorni dedicati agli anniversari. Alle commemorazioni stanche, che sembrano più un dovere che un piacere, simili ad appuntamenti mondani cui non si vorrebbe andare ma cui è impossibile non partecipare. 

A Palermo, ieri, il minuto di silenzio in ricordo delle vittime della strage di via D’Amelio è stato rotto dalla voce commossa e arrabbiata di Salvatore Borsellino. “Palermo ha ammazzato suo figlio, che invece l’amava tanto – ha detto il fratello del giudice Paolo – del resto questa città ha ucciso tanti suoi figli”.

Salvatore Borsellino non adopera mezze parole per ricordare  che sull’eccidio di 23 anni fa manca ancora una verità vera.  “Ma noi non ci fermeremo – grida – proseguiremo finchè non avremo giustizia”. E via D’Amelio si è sciolto in un applauso emozionante C’erano trecento persone di fronte al palco montato dal movimento delle Agende Rosse. Pochissime.

E la maggioranza è giunta  da oltre lo stretto. Tutti componenti del movimento animato da Salvatore Borsellino in giro per l’Italia. Palermo, invece, non c’era. Più degli altri anni, ha disertato il giorno del ricordo.

Ma parlando di antimafia, è peggio la Palermo che diserta i giorni del ricordo, dimenticando Borsellino, uccidendo di nuovo Falcone, o quel politico (non faccio nomi perché la lista sarebbe infinita, da destra a sinistra), che sfrutta certe ricorrenze per riscoprirsi a fini elettorali “nemico dei cattivi”,  e poi riprendere tutti gli altri giorni dell’anno ad operare con quei fini che sia Falcone che Borsellino hanno combattuto per tutta la loro esistenza, pagando il dazio più grande, con la propria vita?

E’ triste questa antimafia da salotto. Ipocrita. Sguaiata. Mitomane. Nel vederla da lassù, ne sono sicuro, Falcone, Borsellino e tutti gli altri uomini liberi che sono stati ammazzati dalla criminalità organizzata, si rivolteranno nella tomba.

È un nervo scoperto, quello della mafia e dell’ antimafia. Appena sfiorato: basta dire antimafia per vedere le mani tendersi in avanti per dire che coloro che le agitano sono puliti, che con la mafia non c’ entrano.

E alla fine restano solo tante parole. Quelle dette e quelle taciute. Un senso di nausea che si sprigiona davanti all’esaltazione della retorica e dell’ipocrisia. Che anche ieri, in ogni angolo d’Italia, sono andate in scena in tutta la loro potenza nell’anniversario di una strage incredibile sulla quale ci si guarda bene, però, dal fare piena luce.

Ma l’Italia, ormai, è un paese strano. E questa antimafia ostentata e non praticata non fa eccezione al resto della nazione. Questa antimafia che porta in processione gli eroi morti ammazzati a mo’ di trofeo e si prepara a celebrarne di nuovi. Perché in fin dei conti ciò che conta è realizzare una grande parata, cui possano presenziare ben vestiti e sempre pronti a regalarci una faccia da circostanza, uomini e donne delle istituzioni, magistrati, forze dell’ordine, tanti “vip” che sorridono e si stringono le mani.

Antimafia da salotto. Tra tartine e selfie. E domani sarà un altro giorno. Con una nuova celebrazione da osservare e una maschera diversa da indossare. Perché tutto cambia. Affinché nulla cambi.