Se Giovanni Allevi fosse un prodotto Made in Italy da esportare, sarebbe di certo un vulcano. Come l’Etna o Stromboli. La sua lava, altrettanto incandescente, si chiama arte ed ora lo porta in giro per il mondo a promuovere il suo ultimo lavoro “The piano of Giovanni Allevi” che è una raccolta delle composizioni più amate del suo repertorio dal 1997 al 2015. Nonostante questo splendido girovagare, l’Ulisse della composizione non si dimentica della sua Itaca e in Italia, infatti, tornerà proprio questo mese per alcuni appuntamenti importanti. Il 24 sarà alla Cavea dell’Auditorium Parco della Musica nell’ambito del Festival “Luglio suona bene” . Qualche giorno prima, l’11, invece, sarà ospite d’onore della terza edizione del Madesimo Music Festival in Valle Spluga, dove verrà insignito del prestigioso Premio Madesimo e vestirà i panni d’insegnante d’eccezione dei giovani selezionati dalla direzione artistica di Mario Marcarini, Label Manager di Sony Classical Italia, patrocinante artistico della manifestazione insieme al Consorzio Turistico di Madesimo. Facciamo raccontare da Allevi stesso tutte le emozioni di questi mesi intensi. Lo abbiamo raggiunto a Tokyo, in una pausa tra una prova e l’altra.
Cosa ti ha spinto a partecipare al Madesimo Music Festival?
L’entusiasmo con cui sono stato invitato e soprattutto la possibilità di incontrare giovani e talentuosi musicisti per scambiare le nostre idee in un contesto totalmente sgombro da pregiudizi ed ideologie. Sarà bellissimo!
Credi molto nei giovani. Esiste già un tuo erede artistico?
Sicuramente sì.Vorrei esortare i giovani ad essere coraggiosi, a confrontarsi con le forme classiche, e non a dedicare le proprie energie compositive esclusivamente ad una musica da sottofondo. Mi diranno che è difficile avere successo. Risponderò che bisogna volare altissimo e puntare a creare una musica che scavalchi i secoli.
Il mondo dei Conservatorio, un po’ fin dal nome, non brilla per spinta propulsiva verso l’innovazione. Tu sei all’opposto. E’ una delle ragioni delle ruggini passate?
Nessuna ruggine! Ho passato venti anni tra le mura di un conservatorio, tanto abbastanza per capire che è un’istituzione molto complessa e variegata. Ad esempio, sono stato invitato a visitare il conservatorio de L’Aquila, ricostruito da zero dopo il terremoto: è una struttura all’avanguardia dove si respirano cultura e innovazione ed una profonda passione per la musica.
Il 24 torni a Roma dove hai sempre fatto bene. Feeling speciale coi romani o marcia in più del “cacio e pepe”?
La Cavea del Parco della Musica è un cuore pulsante. Roma è già di una bellezza che ti toglie il fiato; lì sei in diretto contatto con il calore incredibile dei romani, che spero di continuare a meritare.
Che futuro avrà, secondo te, la musica strumentale? Rischia di sparire?
Rischia di esplodere! Qui in Giappone sono stato presentato, in una trasmissione televisiva, come parte di un gruppo di artisti che in questo momento stanno riportando all’attenzione della collettività il valore della musica strumentale. I miei colleghi sono il violinista Garrett, il direttore Dudamel, i 2 Cellos e l’organista Carpenter. Onorato di far parte del magico gruppo, ho la sensazione di veder realizzato il mio sogno prima di quanto pensassi: una nuova generazione di musicisti creerà la musica del futuro.
Viaggi tanto. Come siamo visti da fuori?
Ci adorano, soprattutto in Oriente, dove l’Italia è considerata un punto di riferimento culturale indiscutibile.
Non ti sei mai tirato indietro ad incontrare il pubblico. Ci racconti la domanda più sciocca che ti hanno mai fatto?
Il pubblico mi conosce; la gente ha la capacità di vedere col cuore, mentre l’intellettuale giudica e critica restando in superficie. Questo per dire che non ho mai ricevuto dalle persone che mi seguono una domanda sciocca, semmai disarmante, come fanno i bambini che puntano all’essenziale.
Penso che l’essenza della musica di Allevi è in grado di scavalcare già i nostri cuori e la nostra anima, e se essa vivrà in eterno, allora i secoli li avremmo già scavalcati con una sola nota.
Io credo che i critici non lo amino proprio perché invece il pubblico lo ama immensamente. Nessuno prima di lui ha reinventato la musica come ha fatto Giovanni Allevi con un linguaggio raffinato e a tratti anche molto difficile ma che arriva sempre al cuore di chi lo ascolta. E in questo sta il suo meritatissimo successo.