13 maggio 2009. Allo Stadio Olimpico di Roma si gioca una finale di Coppa Italia destinata a durare 120 minuti e a finire ai calci di rigore. Si affrontano la Lazio, reduce da un trionfo sul campo della Juventus e la Sampdoria, che nel turno precedente aveva preso a pallonate l’invincibile Inter di Mourinho. 

Fa un caldo pazzesco, in questo 13 maggio 2009. Lo Stadio Olimpico è gremito. In ogni ordine di posto. Non passa uno spillo. La Tribuna Tevere sembra una Curva, i tantissimi tifosi della Lazio presenti hanno voglia di festeggiare un trofeo.  Il primo dell’era Lotito. La leggenda narra che Delio Rossi, allenatore di quella Lazio che arranca in campionato ma che in Coppa fa faville, termina il discorso prepartita nello spogliatoio. Fa uscire tutti tranne uno. Chiama a sé Mauro Zarate. Gli dà una pacca sulla spalla. E gli dice “Vai a vincere la tua coppa”.

Zarate sarà di parola. In tanti anni che seguo il calcio, non ho quasi mai visto un talento del genere. Un giocatore pazzesco. Destro e sinistro. Potente e agile. Tecnico. In grado di inventarsi gol capolavoro, da antologia del calcio, per poi perdersi, nei meandri di una carriera che poteva essere stellare e che ora lo vede marcire in panchina in una squadra di basso livello del campionato inglese.

Ma questo 13 maggio 2009, no. Questo 13 maggio 2009, Zarate, allo Stadio Olimpico di Roma, sembra Diego Armando Maradona. Scatta, dribbla, non si ferma un attimo. E’ stato lui a portare la Lazio in finale, con una magia al Delle Alpi che ha steso la Juventus e lo ha portato ad essere uno dei giocatori più popolari del nostro calcio.

 
Dopo pochi minuti, prende palla, dribbla tutti, scarica un destro imprendibile alle spalle del portiere avversario. Nel delirio della gente laziale.

Poco dopo, per la Samp, pareggerà Pazzini. La partita resterà sul fino del rasoio fino all’ultimo secondo dei supplementari. Zarate continuerà ad incantare, a trascinare, con quella maglia numero 10 sulle spalle che lo faceva sembrare come un bambino al parco, pronto a giocare per il semplice gusto di divertirsi e divertire. La serata si concluderà ai rigori. La Lazio con un superbo Muslera e l’ultimo tiro calciato da Dabo, vincerà la quinta Coppa Italia della sua storia.


Giocava un alieno, quel giorno, all’Olimpico. E ancora oggi, chi ama davvero il calcio, non riesce a capire come abbia potuto fare a perdersi cosi per strada.