Se potessi dare un consiglio al Presidente del Consiglio, e qui il gioco di parole è cercato e voluto, gli direi di non accedere per qualche giorno al suo profilo Facebook, letteralmente inondato di insulti e promesse. Se gli insulti possono non essere citati, non altrettanto si può fare con le promesse: tra le più gettonate c’è quella di non votare mai più il Partito Democratico, cascasse il mondo.
Il motivo ti tanto astio? Diciamo che il ddl “Buona Scuola” ha contribuito a metter contro due fazioni che spesso, nell’arco degli anni, si sono trovate schierate dalla stessa parte della barricata. Stiamo parlando dei professori delle scuole pubbliche e dei politici del Pd: i primi, è noto, rappresentano da decenni lo zoccolo duro degli elettori dei secondi, almeno fino alla Buona Suola.
“Noi non voteremo più il Pd perché indignati dal ddl La Buona scuola”. In calce agli ultimi post del premier, decine di persone hanno manifestato il loro dissenso con un “bombardamento” di commenti che legano la protesta contro la riforma della scuola al voto per le prossime amministrative.
Il testo dei commenti di disapprovazione sembra standard e anche il profilo dei mittenti è ripetitivo: sono tutti insegnanti ed “ex” elettori del Pd. Ma qualcuno aggiunge al messaggio una postilla: “Caro Matteo sei bravo in matematica? Allora inizia a contare quanti voti hai perso!” (Erica), “Sono indignata sia come insegnante sia come madre preoccupata del futuro dei propri figli” (Teresita); “Noi personale Ata non voteremo Pd, indignati dal ddl La buona scuola…tanto non siamo neanche menzionati!” (Elena).
Nel mare magnum della protesta social anche qualche favorevole: “Voterò Pd – scrive Armando – anche per la riforma della buona scuola, era ora!”.