Se siete in cerca di un buon libro da leggere in questa settimana uggiosa, vi segnaliamo Racconti Randagi di Emiliano Baroni. 15 elaborati di vita quotidiana raccontati in prima persona con un linguaggio snello e immediato, dove il filo conduttore tra le varie storie è quella amara ironia che travolge il lettore, gli fa strappare un sorriso anche quando si descrive il dolore.  15 racconti brevi paragonati dall’autore a 15 sedie “disposte in una stanza in maniera tale che, da alcune fosse possibile guardare fuori dalla finestra e osservare il mondo, mentre da altre, rivolte verso il muro, fosse possibile solo guardarsi dentro.”

Un viaggio che analizza l’io dei personaggi da molteplici punti di vista a tal punto che in Racconti Randagi troviamo: un bambino che spia e commenta l’adulterio del padre, chiedendosi come un’altra donna possa aver sconfitto sua madre, la più bella del mondo ai suoi occhi; un uomo nell’isolamento di un manicomio;  il dramma di chi cerca vendetta a tutti i costi; due istantanee di un viaggio senza meta per chi è ammalato di cancro. E proprio per sensibilizzare su questo tema, il cancro, Emiliano ha deciso di devolvere una parte dei ricavati proveniente dalle vendite di Racconti Randagi a favore di ANTEA ASSOCIAZIONE ONLUS, associazione che garantisce assistenza gratuita a domicilio ai pazienti in fase avanzata di malattia. La redazione di Tag24 ha intervistato per voi Emiliano Baroni, classe 1976, sul suo libro esordio Racconti Randagi.

Ciao Emiliano, ci racconti brevemente il passo da promoter finanziario a scrittore?

Ciao a tutti, in realtà ho semplicemente fatto in modo che la mia professione, che ho imparato ad amare e che mi ha permesso di realizzarmi, non soffocasse quelle che sono le mie passioni e tra queste oltre ai viaggi, alla lettura e al disegno, uno spazio importante lo ha conquistato la scrittura che in alcuni momenti della mia vita, ha rivestito un ruolo che definirei quasi terapeutico.

Perché il titolo Racconti Randagi?

Perché è così che li ho considerati fin da subito, una raccolta di momenti di vita, racconti brevi dai quali ho preso spunto per raccontare delle storie che, pur attingendo in parte alla fantasia, mi hanno permesso di descrivere delle sensazioni che credo possano essere comuni a molti. La “fuga” dalle dinamiche della vita quotidiana alla ricerca di un qualcosa di più intimo fa da collante tra tutti i racconti, ma questo non impone di seguire un ordine nella lettura. Si può tranquillamente iniziare a leggere dall’ultimo racconto e andare a ritroso senza per questo aver perso qualcosa.

15 racconti brevi che raccontano attimi di vita, ma qual è quello che consideri il capolavoro?

Sicuramente ci sono elaborati che mi stanno a cuore più di altri, ma in realtà non credo che il mio libro porti in dote dei “capolavori”, ho scritto con tutto l’impegno e la spontaneità di chi voleva dire qualcosa, partendo dalla condivisione delle proprie esperienze. Forse è negli ultimi racconti che sono riuscito a trasmettere il messaggio più delicato e difficile, quello della gestione del “dolore”, che mi premeva condividere con chi, a vario titolo, ha dovuto già affrontarlo o purtroppo si troverà a doverlo fare. Ciò che ha aiutato me e spero possa servire ad altri, è l’aver dato una forma a questo sentimento. Tradurre su carta un’emozione mi è servito a tracciarne i confini, a renderla quasi quantificabile e gestibile. Scrivere, così come disegnare o manifestare in qualsiasi altra forma i propri sentimenti serve a “materializzarli” e in alcuni momenti a darci perfino la forza o l’illusione di poterli affrontare. Credo che fondamentalmente dare sfogo alle nostre emozioni traducendole in un’espressione, artistica e non, serva ad esorcizzarle, raccontando agli altri, quello che da soli temiamo di non riuscire a controllare. Non a caso l’arte, da sempre, ha nella sofferenza la sua musa ispiratrice più fertile.

Qual è il personaggio, invece, che ti rappresenta di più e perché?

In Racconti Randagi, le storie sono raccontate in prima persona proprio perché molte sono fotografie di momenti da me realmente vissuti, anche se coprono un arco temporale di quasi dieci anni della mia vita. Per me è inevitabile rivedermi in diversi brani, ma forse quello che mi rappresenta di più ripensando a quando ero un ragazzo è “Una manciata di cotone”, mentre in “L’assurdo dolore” mi riconosco per come sono oggi, da uomo, da padre e soprattutto dopo che la vita, giocando il suo ruolo, ha avuto più tempo per manifestarsi ai miei occhi nella sua complessa bellezza.

Il linguaggio di Racconti Randagi è talvolta ironico, come se prendessi in giro i tuoi personaggi, spesso forte e diretto per affermare la tua visione delle cose e del mondo. Ma qual è il target del tuo libro?

Non ho scritto pensando ad un target specifico, posso dire che in alcuni racconti, parlo dei giovani utilizzando l’ironia non certo con l’intento di prenderli in giro, ma per offrire uno spunto di riflessione su come possano apparire a chi li osserva e a volte fatica a comprendere alcuni atteggiamenti, per i quali, purtroppo, rischiano di farsi giudicare anche senza che li si conosca davvero. In generale il libro è un collage che può arrivare a persone molto diverse tra loro sfruttando molteplici canali emotivi. C’è chi dopo averlo letto mi ha detto di essersi riconosciuto in un racconto piuttosto che in un altro, chi ma ha detto di aver riso, chi ha pianto, chi si è fermato a riflettere e chi ha criticato alcune storie per la loro crudezza o il linguaggio troppo asciutto e diretto. Ognuno di questi giudizi era relativo ad un diverso racconto, il che significa che in un modo o nell’altro, sono riuscito a trasmettere e magari perfino a lasciare qualcosa a chi ha scelto di dedicare tempo alla lettura di ciò che ho scritto.

Se dovessi dare un consiglio ai nostri lettori… cosa diresti loro?

Non amo dare consigli e ritengo che ognuno debba poter fare le proprie scelte e soprattutto poter collezionare la propria personalissima dose di errori dai quali imparare a ripartire; avverto solo l’esigenza di dire che i ritmi con i quali siamo abituati a vivere, tolgono tanto, forse troppo alla qualità delle nostre giornate. Fermarsi anche solo per lasciar scorrere ciò che ci circonda, serve a dare valore alla quotidianità e ci può aiutare a sentirci meglio, principalmente nel rapporto con noi stessi. Alimentare una passione, qualunque essa sia, serve a farci ritagliare del tempo che sia solamente nostro, serve a dare ascolto a ciò che da dentro, preme e spesso non trova una via d’uscita. Mi piace ripetermi che conta solo il tragitto e per questo, vivere in una società che fa degli obiettivi e del loro perseguimento lo scopo di tutto, mi spaventa. Ritengo sia fondamentale, soprattutto per i ragazzi, avere chiaro dove vogliono arrivare, ma lo è ancora di più imparare a non farsi schiacciare dalle pressioni e avere la capacità di riuscire a riconoscere i propri limiti. Credo sia importante, ogni tanto, trovare il coraggio di mettere la freccia, uscire dalla coda di macchine in fila verso la meta e fermarsi a guardare la vita per il solo piacere di custodirne qualche bel ricordo.

E noi concordiamo con Emiliano. La vita va vissuta, cari ragazzi, anche con leggerezza per non perdersi le cose semplici e belle che ci riserva e che spesso non afferriamo perché troppo concentrati sulla meta da raggiungere. Prendetevi del tempo per “essere randagi” e vagare felici. Prendetevi del tempo per essere voi stessi e per leggere Racconti Randagi! 😉