Entro l’anno 2020 la mortalità per ictus rischia di raddoppiare a causa dell’aumento dei soggetti anziani e della persistenza dell’abitudine al fumo di sigaretta. L’ictus cerebrale non solo rappresenta la seconda causa di morte a livello mondiale e la terza causa di morte nei paesi industrializzati, dopo le malattie cardiovascolari ed i tumori ma è anche la prima causa di disabilità con un rilevante impatto individuale, familiare e sociosanitario. Oggi, però, dobbiamo essere consapevoli che questa patologia non solo si può curare, ma si può prevenire nell’80% dei casi. Ne ha parlato il Prof. Danilo Toni, Responsabile della Stroke Unit del Policlinico Umberto I di Roma, intervenuto ai microfoni di Radio Cusano Campus, la radio dell’Università Niccolò Cusano che trasmette sugli 89.100 FM a Roma e nel Lazio (in streaming sul sito www.radiocusanocampus.it)
Prof.Toni parliamo di Ictus. Oggi siamo consapevoli che si può curare e soprattutto prevenire. E’ in effetti così?
Assolutamente si, cominciamo con la prevenzione. E’ giusto distinguere fra i fattori di rischio modificabili e non modificabili. Fra i modificabili, che sono quelli sui quali agire per favorire la prevenzione del fenomeno, troviamo l’ipertensione (pressione alta), i livelli di colesterolo alto, il fumo, il diabete, l’obesità e la sedentarietà. Tutti fattori che o farmacologicamente oppure con una modifica delle abitudini di vita possono essere corrette. Dall’altra parte troviamo fattori di rischio fra cui l’età per la quale non possiamo ovviamente fare nulla. Il controllo adeguato dei fattori di rischio ha consentito comunque di ridurre il fenomeno.
Ci sono dei sintomi “spia” di un possibile Ictus in fase iniziale?
Diciamo che i sintomi che possono dare l’allarme sono: l’impossibilità improvvisa di parlare, di pronunciare le parole. La difficoltà a muovere una metà del corpo e a questa un’associata mancanza di sensibilità, o ancora l’impossibilità di vedere una parte del campo visivo. Questi i sintomi più evocativi e più suggestivi.
Professore fra le nuove possibilità spicca la “trombectomia meccanica”. Di cosa si tratta?
Recentemente sono state pubblicate alcune ricerche cliniche che hanno dimostrato come l’inserimento di un catetere nelle arterie capace di portare nell’arteria chiusa uno “stent” ossia una sorta di “gabbia” che si apre localmente, afferra il trombo e permette poi di portarlo via. Ebbene tutto questo si è dimostrato efficace e sicuro nel migliorare l’esito clinico del paziente. E’ una vera e propria opportunità terapeutica in più rispetto a quelle già disponibili da tempo.
A.L.I.Ce. Italia Onlus ribadisce, anche in occasione di Aprile Mese della prevenzione, la necessità di garantire parità di accesso alle cure appropriate a tutti i cittadini italiani. Purtroppo le “Stroke Unit” non sono presenti in tutti gli ospedali italiani. Come risolvere un problema del genere?
Il ricovero nelle Unità Cerebrovascolari, le Stroke Unit appunto, è la principale terapia per l’ictus. Tutti i pazienti colpiti da Ictus dovrebbero essere ricoverati in un’unità specialistica perché questo si è rivelato molto efficace per migliorarne l’esito clinico. Questi centri non sono però egualmente distribuiti sul territorio nazionale. Mentre abbiamo un buon livello di copertura in regioni del nord come il Veneto, l’Emilia Romagna, la Liguria, la Toscana la Lombardia, ahimé una volta che si supera la linea del centro Italia la situazione tende a peggiorare in maniera drammatica. Larga parte del sud è infatti priva di queste strutture creando così una profonda disparità nel diritto alla salute fra cittadini dello stesso paese.
Come si può risolvere Professore un problema del genere? E’ particolarmente costoso avere un’unità di questo tipo in ospedale?
Il costo immediato per l’attivazione di una struttura del genere e per la sua gestione è sicuramente più elevato rispetto a quello di un “normale” reparto. Il fatto però è che gestire meglio un paziente in una unità, adibita per quello, fa risparmiare molto il sistema sanitario nazionale in termini di costi sanitari futuri. Pensiamo ad esempio alla riduzione del tempo e del numero delle ospedalizzazioni.