Lucio Dalla, Paolo Conte, Olen Cesari e Franco Califano. Questi sono i nomi con cui ha lavorato nella sua carriera Enrico Giaretta. Questi sono i nomi che hanno visto nel ragazzo di Latina un talento che fiuta all’istante chiunque si avvicini alla sua musica. Dopo cinque anni di silenzio arriva il nuovo album “Blu” e mai colore fu più giusto.
Perché?
Perché sono felice. Mi sono sposato ed ho un bellissimo bambino e mi sento il cuore di questo colore positivo. Ho scritto la canzone che dà il titolo a tutto il lavoro al pianoforte insieme a Marcello Murru che usciva, come me, da un periodo difficile. Blu è quindi forse il colore della rinascita.
E’ vero che c’è una storia dietro al nome di tuo figlio?
Eravamo a cena con mia moglie insieme al Maestro Califano e lui ci disse che avremmo dovuto chiamarlo Nicolas perché era un nome da grande chiavatore. Questa cosa ci ha fatto sorridere tanto ed abbiamo seguito il consiglio.
Che ricordi hai della tua collaborazione con Califano?
Di un uomo straordinario che ha lottato tutta la vita per non far vincere il personaggio sull’artista. Lui, nella vita reale, non era affatto come può sembrare in televisione e cercava in ogni modo di farlo capire. Per esempio le donne le rispettava molto e le trattava con garbo.
Come convinceresti un ragazzo ad avvicinarsi alle tue canzoni?
Maurizio Costanzo mi definì un cantautore allegro. Cercherei di partire da lì e cioè dal fatto che le mie canzoni sono lontane da quell’immaginario del cantautore impegnato e malinconico.
Da aviatore, quanto è stato sconvolgente l’incidente aereo in Francia?
Molto ma, da quello che emerge dall’attualità, l’essere in aereo contava poco. Si è trattato del gesto di un folle che avrebbe potuto fare una strage simile anche in un centro commerciale con un fucile in mano. Mi sento solo di aggiungere, però, che, quando volo, sento molto la responsabilità di tornare sano e salvo dalla mia famiglia e di tutelare le vite di tutti i bambini che sono a bordo.
Cosa ti porti dentro della tua esperienza con una major discografica?
Erano altri tempi, non ho brutti ricordi. Avevo però bisogno di una famiglia più che di un’azienda e col nuovo disco ho trovato gente che ama la musica e che non ha nessuna fretta di farla maturare. Sento ancora parlare di un’età giusta entro cui pubblicare dischi quando un artista immenso come Lucio Dalla ha impiegato anni a venir fuori.
Suoni spesso in giro per il mondo. Come è l’Italia vista da fuori?
La verità è che siamo visti molto meglio di come ci immaginiamo. Quando ho suonato le mie canzoni in italiano davanti a stranieri è sempre stato magico. Una volta mi sono esibito a Parigi davanti ad un pubblico dove si faceva fatica a trovare un connazionale eppure, a fine, serata ho ricevuto tanto affetto.
Dove speri di atterrare con la tua musica?
Anche fuori dall’Italia. Non per snobberia né perché non ami il mio paese. Sono solo curioso di portare la nostra lingua oltre i confini.