5 marzo 1943. Poggio Bustone. Viene alla luce Lucio Battisti, cantautore e compositore italiano.  Se non se ne fosse andato, prematuramente, in una giornata uggiosa, a Milano, il 9 settembre del 1998, Lucio Battisti, oggi, avrebbe festeggiato il suo compleanno numero 72.

Chi regala emozioni, però, non muore mai. Soprattutto quando le sue parole, la sua voce, continuano a far cantare, sognare, innamorare, milioni di persone, senza tempo e senza età, penetrando generazioni come fossero terra in cui piantare un fiore, in grado di essere coltivato da un ottantenne e da un quindicenne allo stesso modo.

Lucio Battisti, che oggi avrebbe festeggiato il suo settantaduesimo compleanno, è stato anche un po’ questo. Un fiore in grado di unire idealmente l’Italia e gli italiani, i padri ed i figli i nonni e i nipoti, l’uomo e la donna, capaci di scoprire, tramite le sue canzoni, che gridare l’amore, il sentimento, anche in un’era, come quella degli anni settanta, in cui a farla da padrone trovavamo l’impegno sociale e politico, era bello, era umano, anzi, divino.

Parafrasando la canzone degli Stadio, “Chiedi chi erano i beatles”. potremmo oggi chiedere a chiunque, dal ragazzino dodicenne al vecchietto centenario, chi fosse Lucio Battisti. Sicuramente come risposta avremmo uno sguardo allegro e qualche nota di un capolavoro intramontabile.

Acqua Azzurra, acqua chiara, orgoglio nazional popolare, canto libero di una nazione spesso molto dura con sé stessa e con le proprie tradizioni, Lucio Battisti è sicuramente un pezzo di Italia. Di quella Italia che esplodeva nell’era del boom economico, mentre “Il carretto passava e quell’uomo gridava gelati”,  tra “Nuove sensazioni, giovani emozioni” che si esprimevano purissime  in noi mentre la “veste dei fantasmi del passato  cadendo lascia il quadro immacolato”  e s’alzava  quel “vento tiepido d’amore, di vero amore”, da cui forse adesso abbiamo rinunciato a farci accarezzare.

Di Lucio Battisti, che oggi avrebbe compiuto settantadue anni e che, pochi lo sanno, negli anni d’oro della sua carriera, ogni giovedì, prendeva la chitarra e andava a cantare in ospedale per fare volontariato,  mi capitò di conoscere il padre, Alfiero. Lo incontrai allo stadio, prima di una partita della Lazio, di cui sia lui che Lucio erano grandi tifosi. Alfiero Battisti, papà di Lucio, ha assistito alla morte di due figli. Straziato dal dolore, non ha mai abbassato lo sguardo, però, anzi. Ha sempre manifestato orgoglio e gentilezza verso tutti. Quel giorno mi disse: “La prima chitarra l’ho regalata a Lucio quando aveva undici anni”. Ora, sicuramente insieme, quella chitarra la staranno suonando per ringraziare chi, a distanza di anni, ancora si ricorda di loro. E oggi, guardando il cielo, sussurra: “Tanti auguri, Lucio Battisti”.