Chi?
CiKi Charly, rapper della provincia di Belluno. Mi sono avvicinato al mondo dell’hip-hop da ragazzino, come molti miei coetanei con i primi dischi di Eminem. Le prime rime inizio a scriverle tra i banchi del liceo. Seguirono le prime registrazioni, fatte nel più classico degli “studi in cameretta” e, di conseguenza, anche i primi live. Le mie prime esperienze discografiche consistono in due mixtape (“Sugar mixtape” e “Rehab mixtape”), rilasciati sotto lo pseudonimo di Charly Brown, distribuiti entrambi in free-download, fino ad arrivare al primo disco ufficiale, “Equatore”, di prossima pubblicazione.

Che cosa?
In tutti questi anni per me il rap è stato prevalentemente una valvola di sfogo, un mezzo per liberarmi dei problemi, dei sentimenti, per esorcizzarli, gridando forte in quel microfono. Ho sempre preferito un approccio introspettivo nella stesura dei testi, sia nei miei, sia in quelli degli artisti che ascolto. Come conseguenza di questo stile introspettivo, l’ascoltatore ha come la sensazione di conoscere “personalmente” l’artista, anche se i due risultano essere completamente estranei e non si sono mai incontrati. A mio parere, questa possibilità di potersi mettere completamente a nudo davanti ai propri ascoltatori, di farsi conoscere nel proprio intimo, di far arrivare il proprio messaggio schietto e diretto, è uno degli aspetti più importanti e magici di questo genere musicale. 

Quando?
A periodi. L’amore e la passione per la musica sono presenti in me fin dall’infanzia. L’ispirazione nello scrivere i testi e realizzare la mia musica è invece in me prevalentemente “ciclica”, ovvero si presenta a periodi: ho come il bisogno di vivere una certa stagione della mia vita, fatta di sogni, problemi, amori, situazioni e avventure, ed una volta giunta al termine, la raccolgo e la racconto attraverso nuove canzoni, un nuovo disco. Il mio approccio verso la musica è ancora più vicino all’essere una passione, un hobby, piuttosto che una professione. Adoro il momento in cui per la prima volta riascolto le canzoni appena registrate e mixate, e le sento prendere vita, come fine di un processo che era partito con la scrittura e l’immaginazione di come sarebbe stata poi la canzone.

Dove?
Dalla periferia più estrema, lontano dalle grandi città, quelle della “scena hip-hop”, delle occasioni. Sui palchi di piccoli eventi di provincia, dove il rap non era ancora apprezzato o seguito, in stanza o in auto con gli amici a fare freestyle. Appena ho un momento libero, durante un viaggio o una pausa, cuffiette e quadernino per prendere appunti e si inizia a scrivere: è così che è nato il mio primo disco ufficiale di prossima uscita. 

Perché?
Per passione, per sfogo, per necessità. Per quel bisogno di raccontarsi, di esporsi attraverso canzoni, di affermare “ci sono anch’io”, per lasciare una traccia del nostro passaggio. Come canta Raige : “scrivo di me, perché a parlarne sono meno bravo, se no col rap manco ci provavo”.