Lo studio della SLA passa dal nostro paese. Una nuova ricerca targata “Made in Italy” ha dimostrato per la prima volta la possibilità di diagnosticare precocemente la Sla con un esame di tomografia ad emissione di positroni (Pet) mediante un tracciante analogo al glucosio (18F-Fdg) utilizzato nella pratica clinica dai centri di medicina nucleare. A raggiungere il risultato, pubblicato sulla rivista “Neurology”, un gruppo di ricerca italiano che coinvolge l’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Consiglio nazionale delle ricerche (Istc-Cnr) di Roma. Ne ha parlato il Dott. Marco Pagani, Ricercatore CNR, intervenuto ai microfoni di Radio Cusano Campus (89.100 Fm a Roma e nel Lazio).
Dott.Pagani dimostrata per la prima volta la possibilità di diagnosticare precocemente la Sla. Le chiedo di spiegarci come avviene questa nuova diagnosi?
E’ uno studio completamente italiano, cosa abbastanza rara al giorno d’oggi. Abbiamo trovato il modo di utilizzare uno strumento molto diffuso in medicina nucleare la PET con un analogo del glucosio. Utilizzando questo strumento abbiamo scoperto che esiste un modello che si ripete nelle persone malate di SLA; in particolare nel cervello delle stesse. Un metabolismo diverso rispetto al cervello di altri malati o di persone sane. Questa distribuzione specifica ci permette di discriminare nel 95% di casi i malati di SLA. Siamo dunque in grado di diagnosticare la malattia con una percentuale elevatissima. Il modello che abbiamo identificato contiene zone che captano, che “raccolgono” il liquido di contrasto tracciante. Questo avviene perché le cellule del sistema nervoso che muoiono a causa della SLA sono sostituite da cellule che hanno un elevato metabolismo.
Dottore può la diagnosi precoce essere il primo passo per trovare una cura a questa terribile malattia?
La diagnosi in effetti non è una diagnosi precoce completa. E’ una diagnosi tempestiva che permette in 20 minuti di avere conferma della malattia. Potrebbe però, in futuro, portare ad una terapia precoce della SLA. Esistono dei fattori genetici che predispongono alla patologia. Nel momento in cui verifichiamo la presenza in un soggetto della SLA i parenti più prossimi possono rivolgersi presso un centro di Genetica e fare dei test per sapere se sono portatori o meno di malattia. A quel punto si può intervenire precocemente con delle molecole nuove.
Quali sono le maggiori difficoltà diagnostiche che si incontrano quando parliamo di SLA?
Riconoscere la malattia a livello neurologico. Ci sono molte malattie che “mimano” la SLA e non sono però SLA. L’elettromiografia molte volte non è risolutiva nel 100% dei pazienti, la Risonanza Magnetica si ferma all’80% invece con la PET abbiamo un esame che con dieci minuti si riesce a terminare accurato al 95%; questo ne permette l’uso anche con persone con un grado avanzato di SLA.
Il vostro studio è frutto della Ricerca Italiana, a testimonianza del fatto che c’è ricerca in Italia
In Italia c’è molta ricerca istituzionale fatta su base esclusivamente volontaria, senza scopo di lucro. I finanziamenti sono minimi e lo sappiamo. C’è da dire che con un investimento da parte dello Stato dell’1% riescono a produrre più del 4% delle pubblicazioni internazionali.
Quali i passi successivi adesso?
Abbiamo aumentato di molto il numero dei pazienti. Abbiamo studiato tanti pazienti malati di SLA considerando che la SLA è una malattia rara. Alla luce di questo cercheremo di mettere in piedi uno studio multicentrico internazionale per vedere come avvengono i cambiamenti durante la malattia.