La Sindrome di Rett è una patologia progressiva dello sviluppo neurologico che colpisce quasi esclusivamente le bambine durante i primi anni di vita e lo fa in modo “cinico e violento” per il suo improvviso e tragico manifestarsi. Oggi circa 500 famiglie italiane sono riunite in un’Associazione (www.airett.it) che stabilisce i contatti tra le famiglie stesse, finanzia progetti di ricerca genetica, fornisce borse di studio per la cura ed il monitoraggio dei vari problemi legati alla malattia, oltre a consentir loro di restare in contatto con i ricercatori di tutto il mondo nella speranza che nel frattempo una cura venga trovata e con essa un motivo in più per guardare al futuro con un pizzico di ottimismo. La dott.ssa Lucia Dovigo, Presidente dell’Airett, è intervenuta ai microfoni di Radio Cusano Campus (89.100 FM e in streaming su www.radiocusanocampus.it) per illustrare le nuove iniziative, i progetti e i passi in avanti compiuti nella lotta quotidiana a questa subdola malattia.

Dott.ssa Dovigo, quali sono gli obiettivi principali che si pone l’AIR nella lotta alla sindrome di Rett?

«Noi di Airett utilizziamo spesso una frase che racchiude in maniera esaustiva ciò che ci prefiggiamo di fare: occuparci del presente e del futuro dei soggetti affetti dalla sindrome di Rett. Pensando al presente supportiamo le famiglie colpite da questa tragica patologia, affrontiamo insieme a loro tutti i problemi clinici che si presentano e proviamo con tutte le nostre forze a migliorare la qualità della vita di queste bambine sfortunate. Per ciò che riguarda il loro futuro non possiamo che stimolare e sostenere quotidianamente la ricerca clinica, riabilitativa e genetica per provare a pensare ad un domani senza sindrome di Rett».

L’AIR da oltre 20 anni finanzia progetti di ricerca mirati, supporta la formazione di medici e terapisti presso centri per la SR all’avanguardia a livello internazionale ed è impegnata nella creazione in Italia di centri di riferimento specializzati. Ad oggi quanti sono e di cosa si occupano?

«Ad oggi i centri specializzati sul territorio italiano che collaborano con Airett sono 5. La loro dislocazione non è casuale, abbiamo cercato di avere punti di riferimento per le famiglie dal Nord al Sud del paese proprio per stare vicino a tutti, il più vicino possibile. Il centro dove tutto ebbe inizio, nel 1990, si trova a Siena, presso il Policlinico Le Scotte ed è ancora oggi la nostra sede legale. Al nord abbiamo una collaborazione operativa con il Gaslini di Genova e con il San Paolo di Milano, mentre al sud c’è il Policlinico di Messina. L’ultima collaborazione in ordine cronologico è con l’Ospedale Bambino Gesù di Roma con il quale abbiamo cominciato a lavorare dallo scorso settembre. I centri specializzati hanno obiettivi condivisi come ad esempio avere un comune protocollo di presa in carico, operare all’interno del centro in team multidisciplinari, fare rete con gli altri centri. Altro scopo è quello di individuare all’interno di ogni centro un ambito di specializzazione, promuovere la ricerca sulla sindrome di Rett e, ultimo dei nostri ambiziosi obiettivi, portare avanti il progetto Passaporto Clinico».

Dott.ssa Dovigo ci spiega cos’è il progetto “Passaporto Clinico”?

«Passaporto Clinico è un progetto pilota in cui crediamo molto. È attivo dallo scorso mese di dicembre quando è stato sperimentato sulla prima paziente zero. Abbiamo un medico di riferimento per ogni centro specializzato italiano all’interno del quale 5 bambine saranno dotate di un braccialetto con una chiavetta usb che contiene la sintesi della sua cartella clinica, i disturbi di cui soffre più frequentemente, i farmaci che può assumere e quelli ai quali è allergica. La Rett è una malattia rara e quando ci si presenta ad un pronto soccorso non tutti sono preparati ad affrontarla. In questo modo diamo una mano sia ai medici che ai pazienti».

Il 2015 segna i 25 anni dalla costituzione di Airett, un quarto di secolo dedicato alla lotta contro una delle sindromi più crudeli ed ingiuste che ci siano. In questi 25 anni siete riusciti a migliorare la qualità della vita delle “bambine dagli occhi belli”?

«Mia figlia è affetta da sindrome di Rett ed ha l’età dell’associazione che presiedo. La malattia le venne diagnosticata a 6 anni e il medico al quale chiesi cosa potevo fare per lei mi rispose: “Signora, sua figlia ha una malattia rara, la faccia camminare finché può poi la metta su una sedia a rotelle”. Oggi ci sono strutture specializzate alle quali rivolgersi, ci sono medici e terapisti che abbiamo formato, ci sono programmi motori e protocolli cognitivo-riabilitativi cui poter sottoporre le bambine. Inoltre esistono team di medici in centri internazionali che stanno testando nuove molecole che al momento danno risposte incoraggianti. Insomma, abbiamo fatto molto in questi 25 anni e lo abbiamo fatto da soli, senza l’aiuto delle istituzioni, tra privati e grazie a raccolte fondi e autofinanziamento. Se mi chiede se c’è una cura le rispondo di no ma continueremo a lottare per sconfiggere questa malattia».